Agosto 2020 – MAGS (Finale)

[Continua da qui.]

Terzo Giorno

Mi sveglio, e lentamente incomincio a smontare la tenda, sgonfiare il materassino, re-infilare tutto nelle sacche di compressione… una riga per scriverlo, un’ora per farlo.

Parto che sta per albeggiare. Penso che, se sarò fortunato, magari beccherò l’alba proprio a Rocca Calascio, uno dei luoghi più suggestivi di questo viaggio.

Poco dopo l’abitato di Santo Stefano faccio un incontro assai inaspettato: un gruppo di una ventina tra cinghiali e cuccioletti! Aspetto che attraversino la strada, a debita distanza, mentre tra me e me penso “ma sono arrivati anche qui? Anche i lupi saranno in vacanza…”

Passati i porcellini, continuo la salita verso Rocca Calascio….

…eh sì, sono proprio fortunato.

Essere a Rocca Calascio, completamente da solo ed averla tutta per me, alle prime luci dell’alba. Wow.

La mia buona stella mi sorride, e confido di finire il trail in giornata.

Dai 1340 metri sul livello del mare di Rocca Calascio perdo rapidamente quota fino ad arrivare a valle, per poi tornare a salire fino ai 1240 metri di Castel del Monte.

Non ero mai stato qui, se non di passaggio in macchina. Sono le otto del mattino, e mi fermo ad un bar per fare colazione. Stamattina da signore: cornetto e cappuccino.

Riparto e prendo una lunga e ripida strada in ghiaia in salita. Direzione, Campo Imperatore.

Ma sbaglio qualcosa: sono finito nel campo di qualcuno! La strada che dovrei percorrere passa 10 metri più in alto, parallelamente a questo campo. Con fatica, spingo la bici fino a riguadagnare la strada.

Purtroppo devo incominciare a lesinare sulle foto: i miei due powerbank sono esauriti, ed il mio (vetusto) cellulare non tiene la carica molto a lungo.

Però, la strada che porta a Campo Imperatore è un susseguirsi di meraviglie che sarebbe un peccato non immortalare…

Intravedo il Corno Grande! Casa mia è proprio lì dietro…

Se intravedo il Corno, vuol dire che sto per arrivare nel luogo principe del giro…

…alla Piana di Campo Imperatore!

Scendo giù per la piana, e seguendo un accenno di traccia lungo il prato…

…arrivo al Rifugio Racollo, dove mi fermo per una birra e un panino. Faccio anche rifornimento di un paio di litri d’acqua, dato che adesso mi toccherà fare un altro tratto di 30km senza l’ombra di una fonte.

Al posto del panino, mi sarebbe piaciuto fare un pranzo a base di arrosticini al leggendario Ristoro Mucciante, che è poco più avanti… ma la tappa di oggi sarà lunghissima: non sarebbe una buona idea fermarsi troppo a lungo e con questa ressa di turisti le attese bibliche sono assicurate.

Riprendo la bici, e via in direzione EST per un altro luogo simbolo di questo MAGS: il Canyon dello Scoppaturo!

Dal Canyon, dopo uno stretto e tecnico sentierino in salita ed una discesa attraverso i prati, arrivo al Ristoro Mucciante. Da lì, seguo la strada asfaltata verso Castel del Monte, finché non devio sulla sinistra per proseguire lungo una carrareccia nel bosco.

Ed è così che scopro la Vallestrina, un posto stupendo. Non faccio foto: devo risparmiare la batteria del telefono, poiché in caso di emergenza ho solo quello.

Dopo una bella salita, ed un bel single-track nel bosco, arrivo alla suggestiva Piana del Voltigno, ennesimo posto che scopro solo grazie al MAGS.

Al ristoro del Voltigno, strapieno di turisti, ne approfitto per prendere una coca cola. Riparto, e su comoda forestale all’ombra dei faggi attraverso il Voltignolo.

Finché non inizia la discesa. È tempo di valicare di nuovo il Gran Sasso, stavolta dalla sua estremità Orientale!

Qui succede una cosa assai particolare: non appena passo dall’altro versante, quello col Mare Adriatico per intenderci, vengo improvvisamente accolto da un bella vampata d’afa. Bentornato caldo!

La discesa su forestale è infinita. Non ho la minima idea di dove mi trovo, non sono mai stato in questi posti. Ad un certo punto, arrivo ad un gruppo di casette e c’è un cartello:

“Contrada Santa Maria, Comune di Villa Celiera”

Come Villa Celiera! Sono in provincia di Pescara? Quando ci sono arrivato?

Insomma, l’ultimo posto conosciuto era Mucciante, regno degli arrosticini, ed il primo posto conosciuto dopo Mucciante (seguendo il MAGS) è Villa Celiera, impero degli arrosticini. Che gli organizzatori stiano cercando di dirmi qualcosa?

Purtroppo devo ignorare tali messaggi così evidenti, confesso a malincuore, e proseguo per la mia traccia. Imbocco un piccolo sentierino, all’inizio un po’ chiuso dalle erbacce (sono già lontani i ricordi della sentieristica perfetta di Campo Imperatore!) ma che poi fortunatamente migliora.

Dopo un single-track infinito, in cui rimpiango per l’ennesima volta di non avere la bici scarica ed il reggisella telescopico, arrivo … ehm … qua:

Sì, devo scendere di lì. Come vorrei una bici scarica adesso!

Mi rassegno e scendo a piedi. Non senza aver prima fotografato un cartello, il quale giustamente non mi dice dove mi trovo, ma invece rende gloria a quello che evidentemente è il signore di queste (ignote) terre:

Proprio lui.

Scese le scalette, sulla mia destra, a due passi, c’è la Cascata del Vitello d’Oro…

…ma non me ne accorgo, svolto a sinistra seguendo un canale e lascio il tutto così, venendo meno all’ossequio dovuto al geotritone.

Scendo su asfalto verso Farindola, lungo una gola con una bella falesia di roccia dove vedo un gruppetto di scalatori arrampicare.

Alle 4 del pomeriggio, finalmente, Farindola.

La discesa è finita, ed ora mi toccherà pedalare.

Da Farindola, a 530m s.l.m., prendo la strada asfaltata che sale verso Rigopiano, fino a circa 900m s.l.m. Ogni tanto mi fermo a controllare la pressione delle gomme, ma niente sono gonfie: il mezzo non ha nulla che non va, sono le mie gambe che girano poco!

Prendo una strada su ghiaia che, fortunatamente in discesa, mi porta a Colle Mesole, e poi su asfalto fino al fosso sotto ad Arsita.

Ma ancora non sono ad Arsita. Infatti, per arrivarci, gli organizzatori del MAGS hanno pensato bene di farmi risalire lungo una strada ripidissima che la testa suggerirebbe di fare a piedi. Io la percorro ostinatamente in sella, ed arrivato in cima mi dà il benvenuto un signore complimentandosi di cotanta impresa da scalatore:

“Tu si’ nu matt!”

Mi fermo ad un bar di un ragazzo, dove ordino dapprima una birra, poi una coca cola ed un gelato, ed infine una granita al limone.

Riparto e mi fermo al supermercato, per qualcosa da mangiare lungo il viaggio e delle batterie di scorta per il frontalino: sono le sei del pomeriggio, pedalo da quasi 14 ore, e mancano ancora 40km alla conclusione del MAGS.

Appena uscito da Arsita, prendo un sentiero che inizia con dei rovi, e che finisce in una bella pozza di melma. La mia bici è bella infangata, quindi perfetta per instagram una volta terminata “l’impresa”.

Incomincio a scendere in una valle dove non c’è nulla. La discesa è bella ripida, ed il fondo è sabbioso. Un terreno davvero particolare, perfetto per le mie ruote FAT.

Raggiunta la valle, sono circondato dal niente. Ogni tanto incontro qualche sparuta casa dove, immancabilmente, c’è un qualche cane a cui non devo essere molto simpatico.

Confesso che inizio a preoccuparmi: se la parte rimanente del MAGS è così, non sono così sicuro sia una buona idea farla, da solo, di notte.

Proprio mentre penso “ma davvero questa strada va da qualche parte?”, vedo un altro pazzo avventuriero venirmi incontro: è Maurizio! Gli organizzatori del MAGS sono venuti a salvarmi.

Insieme a Maurizio ed un suo amico (di cui ho dimenticato il nome, perdonami!) usciamo da questa valle e ci ritroviamo, con mia sorpresa, a Castiglione Messer Raimondo.

Foto con Maurizio, e con la sua bici edizione speciale “MAGS”
Chiesa di San Donato Martire (Foto di Maurizio)
Non sembra, ma era ripido! (Foto di Maurizio)

Tra chiacchiere e risate, Castiglione, Castilenti, e Villa San Romualdo scorrono via in un baleno.

A notte inoltrata arriviamo alle due famigerate frazioni, una l’ultima nella provincia di Teramo, l’altra l’ultima nella provincia di Pescara, i cui nomi sono studiati in modo da invogliare il viandante a proseguire e mettere piede nella provincia confinante.

Colle della Morte, ultima frazione della Provincia di Teramo
Colle d’Odio, ultima frazione della Provincia di Pescara

Ormai siamo arrivati agli sgoccioli. Dopo alcuni sali-scendi, ed una piccola deviazione fuori traccia per visitare il centro di Città Sant’Angelo, arriviamo al punto da cui tutto è cominciato, e alla fine di questa “avventura”.

È arrivato il momento della foto: la bici è pronta dopo il bagno nella pozza di fango ad Arsita.

Fine.

P.S. 1: Se siete arrivati fin qui, beh complimenti! Avete completato un “MAGS virtuale”.


P.S. 2: Vi ricordate dell’orsetto? C’era veramente!

Agosto 2020 – MAGS (Parte Seconda)

[Continua da qui.]

Secondo Giorno

Seguo un traverso che conosco molto bene e che mi porta a Cusciano. Il lavatoio del paese mi avrebbe fatto molto comodo per lavare i panni…

Sono molto fortunato, e l’alba mi saluta proprio nell’ultimo punto da cui avrei potuto godere della vista della Vallata del Vomano.

Percorro la discesetta che mi porterà al “Porcellino”. Sono molti anni che non passo di qui, e sono scettico sulle condizioni. Devo parzialmente ricredermi: a parte qualche erbaccia nel tratto iniziale (che ho fatto a piedi) ed un punto franato alla fine (che ho fatto a piedi), riesco ad arrivare senza particolari intoppi a valle, sulla Statale 80, detta anche la “Strada Maestra” del parco.

Adesso mi aspettano una trentina di chilometri di comodo asfalto, in una fresca e scenografica gola dove scorre il fiume Vomano.

Pedalo pian pianino, cercando di interpretare i segnali che vengono dal mio corpo. In particolare mi interessa capire se ho risolto il problema con la sella. Dopo i primi 25km di tappa, decido che è ora di fare colazione e mi fermo all’alimentare di Aprati, dove mi faccio fare due panini con bresaola e formaggio. Uno lo mangio subito. Caffè, bisogni, e si riparte.

Arrivo allo sbarramento di Provvidenza, dove lascio la Statale 80 per entrare nella Valle del Chiarino.

Qui si sale su comoda forestale fino a poco prima del rifugio Fioretti. Alla fonte del campeggio poco prima del rifugio, riempio tutte le mie riserve idriche: la prossima fontana la rivedrò tra trenta chilometri e dall’altro lato del Gran Sasso, ad Assergi…

Ne approfitto per mangiare anche il secondo panino, e per scattare qualche foto.

Devio sulla destra per un lungo traverso nel bosco.

Ad un certo punto, mi accorgo di non avere più il cellulare! Torno indietro per qualche centinaio di metri, e fortunatamente lo ritrovo sul sentiero. Rischio scampato.

Uscendo dal bosco, in un prato, incontro un signore che mi chiede, a parte se la bici sia elettrica, dove vado. Non avendo studiato per bene la traccia, rispondo “al Rifugio Panepucci”. Lui mi dice che andare al Panepucci con la bici così carica è difficile, e che se davvero devo andare lì di non seguire i segnavia CAI (infatti non dovrò seguirli).

Poi incomincia una strana conversazione…

Lui: “Ieri ero anche io in mountain bike, e lo vedi quel prato lì? Lì ieri c’era un orso. Stava mangiando un cavallo morto ucciso dai lupi.”

Io: “Ha incontrato un orso?”

Lui: “No, no. C’era la forestale che è arrivata a tenere d’occhio l’orso mentre mangiava”

Io: “Quindi l’orsetto dalla Marsica è arrivato anche qui nella Laga”

Lui: “Macché orsetto, è un maschio adulto da XXX chili”

Io: “Ok…”

Ci salutiamo, e mi addentro di nuovo nel bosco. In effetti non dovrò andare al Panepucci, ma continuare il traverso fino ai piedi del Monte San Franco, per poi svalicare.

Ad un certo punto, praticamente nel tratto più chiuso del bosco, sento un verso abbastanza inquietante che pare essere di un animale molto grande.




Faccio un po’ di rumore, ma non sento più nulla. Con la mente che pensa all’orso (maledetto signore!), un po’ guardingo (ed un po’ a spinta) vado avanti… finché non arrivo in un prato ai piedi del San Franco, dove ho una vista magnifica sul Lago di Campotosto.

Ormai ci sono, e valico il Gran Sasso dalla sua estremità Occidentale. Finalmente, la Valle del Vasto!

Sono le tre del pomeriggio, e non ho ancora problemi con la sella. Le modifiche apportate al mattino si sono rivelate azzeccate.

La Valle del Vasto è il primo tratto di vera discesa di questo MAGS, dopo 140km e non so quanti mila-metri di dislivello alle spalle. Un po’ per recuperare qualcosa sulla tabellina di marcia, un po’ scaricare i nervi, mi lancio a capofitto, e la attraverso “a tutta”.

In poco più di un’ora sono già ad Assergi, dove incomincia una leggera pioggerellina. Il tempo di riorganizzare le mie cose perché non si bagnino, che subito smette. Anche il meteo mi prende in giro!

Incomincio a ragionare su dove potrei fermarmi per la notte. Mentre sono a Fonte Cerreto, telefono ad un po’ di hotel e campeggi, ma nulla. Nessuno risponde, qui a ferragosto è strapieno di turisti.

Decido di proseguire fino a Santo Stefano di Sessanio, anche se non sono sicuro di quanta strada dovrò fare per arrivarci e quindi se sia fattibile arrivare prima che faccia buio. Ricordo che all’ingresso di Santo Stefano c’era un camping, magari riuscirò a piazzare la tenda in un posto un attimo attrezzato anziché allo sbaraglio come la sera precedente (ah, bello sognare!).

Il mio è un rischio calcolato: conosco una traccia che va a Santo Stefano, e suppongo che il MAGS ripercorra la stessa…

…ma invece no, il MAGS mi farà fare un’altra strada….

…che si rivela essere il tratto più S-P-E-T-T-A-C-O-L-A-R-E dell’intero giro.

Arrivo a Santo Stefano di Sessanio verso le sette di sera. Sono passati 190Km dalla partenza del MAGS, e quasi 5000 metri di dislivello.

Il campeggio lo trovo chiuso, ma trovo anche decine di camper e qualche tenda che sostano in un piazzale. Metto la mia affianco ad altri ragazzi, e raggiungo a piedi il paese per prendere un po’ d’acqua.

Tornato alla tenda, organizzo le mie cose. Quindi trovo una pianta e, lì dietro, mi faccio un’altra doccia a base di borracce. Deodorante, vestiti nuovi, e vado in paese. Stasera niente bucato, vada come vada domani ho intenzione di proseguire fino all’arrivo, anche dovessi pedalare qualche ora col buio.

Dopo aver pedalato per tutto il giorno, con l’energia dei due panini comprati ad Aprati e dei maritozzi di Bisenti, cerco un posto dove mangiare qualcosa di sostanzioso. Giro 5 ristoranti diversi, ma sono tutti pieni e non hanno posto neppure per una persona.

Esco un po’ dal centro e, guidato da OpenstreetMap, arrivo ad un ristorante: “Residence Il Palazzo”.

Io: “Avete posto?”
Vecchietto: “Solo se non ha fretta”
Io: “Ok”

Sono già le nove e mezza di sera, sarebbe anche ora che andassi a dormire, ma mi rassegno a dover aspettare. Il posto è anche più pieno degli altri ristoranti…

Mi guardo intorno e mi rendo conto che questa è già la terza volta che mangio qui. Le altre due volte che sono stato a Santo Stefano, nessuna delle due in alta stagione, questo posto era l’unico aperto.

Neanche passa un quarto d’ora, che arriva la mia cena a base di lenticchie, vino, e grigliata. Il vecchietto mi ha imbrogliato!

Mangio, soddisfatto, e riesco a lasciare il ristorante per le dieci e un quarto. Non senza aver avuto un altro scambio di battute col vecchietto:

Io: “Mi aveva detto che ci sarebbe stato da aspettare”
Vecchietto: “Se non l’avessi detto, lei avrebbe incominciato a chiedere quando arrivava la sua cena”
Io: “Dipende da chi incontra”
Vecchietto: “Quello è sicuro”

Seconda notte in tenda, satollo, pulito, e senza animali molesti intorno. Dormo soddisfatto per 5 ore, fino alle 4 del mattino.

Terzo Giorno

[Continua qui.]

2019 – Giugno: Rifugio Tschafon

A pasquetta sono rimasto incantato dal panorama che si poteva ammirare dal Rifugio Tschafon, rifugio adagiato in un prato in cima al monte Cavone, sopra la cittadina di Tires. Mi ha colpito anche la ripidissima stradina utilizzata dai mezzi di servizio al rifugio. Non c’era nessun escursionista a salire per quella via battuta dal sole, ma tutti erano sul ben più dolce (e panoramico) sentiero che si snoda a lato di essa.

In cima vi erano diverse e-bike, e così mi è venuto il pallino di creare un giro che passasse di lì.

Ho il sabato libero, e propongo a Gianluca di andare a fare un giro stile enduro per affinare la tecnica in discesa. Purtroppo Gianluca ha impegni di lavoro, e quindi ripiego per un’escursione in puro stile All Mountain. Mappa alla mano, incomincio a tracciare una via che, partendo da Bolzano, si inerpica verso il rifugio Tschafon passando da Tires. Ovviamente inserisco la diabolica salita che tanto mi aveva colpito.

Il responso di Google Earth è impietoso: un chilometro attorno al 25%, fino a punte del 35%. La parte in discesa, inoltre, è un po’ un’incognita… cerco di unire sentieri in maniera tale da evitare il bitume, ma non sempre ciò è possibile. Le curve di livello mi mettono in apprensione per gli ultimi 500 metri di giro, in cui la traccia “precipita” da Aica di Sopra giù nella valle dell’Isarco, sfiorando pendenze di oltre il 50%… Penso che ci sia qualche errore con la mappa, ma in ogni caso mi preparo un piano di riserva.

Propongo questo giretto su un gruppo Whatsapp creato da Gianluca, e mi risponde Gianfranco che si unisce all’avventura con la sua ebike.

L’indomani mattina partiamo da Bolzano ed incominciamo a salire verso Tires, lungo la vecchia strada che si snoda lungo la Thierser Tal. Di tanto in tanto ci guardiamo attorno alla ricerca di sentieri che vadano da qualche parte, ma purtroppo tutti paiono essere delle semplici vie d’accesso a dei capanni privati.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.06.17.jpeg

Un po’ rammaricati continuiamo a salire lungo questo grande serpentone nero in mezzo al nulla, finchè non raggiungiamo la strada principale e Tires.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.06.16(1)

La salita da Tires verso il sentiero 4B incomincia a svelarci i primi contorni del maestoso Rosengarten.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.06.15

Il sentiero 4B si  rivela essere un vero e proprio parco giochi in cui divertirsi tra rocce e radici in salita. Ci sono anche un paio di passaggi che sono decisamente trialistici.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.06.14WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.02

Il sentiero diventa via via una più comoda, anche se meno divertente, strada forestale. Gettonata meta di svago delle mucche locali.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.03

Dopo circa 2 ore e mille metri di dislivello arriviamo all’incrocio con la WeissLahn, l’ultima (e terribile) asperità prima del rifugio Tschafon…

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.06.14(2)

Qui si trova un suggestivo laghetto con una splendida vista sulle dolomiti…

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.05.46WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.05

Alcune mucche sembrano apprezzare particolarmente…

WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.04

Da questo paesaggio bucolico parte la salita infernale verso il rifugio. Metto la mia fida “Disonorevole”, magnifica corona da 22 denti bandita dai bikers moderni perchè immorale, ed incomincio a scalare questo fatidico ultimo chilometro e quasi 300 metri di dislivello per arrivare al rifugio.

Nonostante faccia di tutto per recuperare energie, intervallando ad ogni colpo di pedale una buona frazione di secondo in cui sono completamente immobile ed in surplace (quindi, in sostanza barando in maniera ancor più disonorevole), nel tratto più duro devo comunque mettere il piede a terra per rifiatare un attimo… sono andato fuori giri. Il problema principale è dato, incredibilmente, dalle braccia: la bici è talmente impennata che devo scaricare tutto il peso in avanti per non ribaltarmi. Qualche flessione in più a casa avrebbe sicuramente aiutato….

Dopo qualche attimo di sosta, riparto.

In più di un’occasione rischio di perdere l’equilibrio e di dovermi fermare, sto comunque salendo ad un’andatura particolarmente lenta e l’equilibrio è molto precario. La sfida, in verità un po’ inutile, rimane comunque quella di arrivare al rifugio “in sella” e voglio farcela.

Dopo 29 minuti interminabili sotto il sole a picco, Gianfranco immortala la maestosità  di  Rosengarten, ed il mesto me che riesce a vincere questa piccola sfida contro l’inclinazione positiva.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.05.41

La struttura del rifugio è molto suggestiva, e la vista che si può godere dai tavoli è sul Rosengarten, la quale non è di certo una montagna qualunque.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.05.30WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.06

Una foto la merita anche il ferro (in tutti i sensi) con cui è stata conquistata la vetta, con la catena ben salda sui denti della Disonorevole.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.08

Immancabile, la foto con le nostre meritate bionde.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 12.05.19

Dopo un lauto pasto ed una lauta ricarica, incominciamo la discesa verso Aica di Sopra. Purtroppo, però, scopriamo ben presto che tutto quel versante di montagna è stato devastato dalle tempeste di vento di pochi mesi fa.

GOPR0078.JPG

Il sentiero è ostruito, ma con un po’ di portaggio riusciamo comunque a passare la parte più malmessa e persino a fare qualche passaggio in sella.

WhatsApp Image 2019-06-08 at 16.31.10.jpegScreenshot from 2019-06-11 10-46-39Screenshot from 2019-06-11 10-34-37

Solo più a valle scopriremo che, in  realtà, il sentiero è chiuso (inspiegabilmente il cartello di divieto era a valle ma non a monte).

Screenshot from 2019-06-11 10-40-18

Da qui in poi è tutto un susseguirsi di pascoli e cancelli, cancelli e pascoli… e comode carrarecce a collegare il tutto..

Screenshot from 2019-06-11 10-39-10Screenshot from 2019-06-11 14-14-57Screenshot from 2019-06-11 14-15-54Screenshot from 2019-06-11 14-16-56Screenshot from 2019-06-11 14-35-02Screenshot from 2019-06-11 14-20-40Screenshot from 2019-06-11 14-17-50Screenshot from 2019-06-11 14-36-04

Purtroppo prendo una buca un po’ troppo profonda… e mi tocca proseguire con un raggio in meno..

Screenshot from 2019-06-11 09-39-27

L’ultima parte del giro, quella con la parte “dubbia” sulla mappa, si rivela in realtà essere meno complicata di quanto temessi. Sebbene ci sia infatti una linea verticale sostanzialmente impercorribile, essa è affiancata da un sentierino a zig-zag che, seppur molto sporco, ci permette di concludere il giro senza particolari intoppi.

Link Relive, con traccia GPS: https://www.relive.cc/view/2433326307

Novembre 2018: Pietralba

Per il giro di questo sabato mattina ho scelto un (vecchio) itinerario di nonnocarb, targato difficoltà “media”: ha piovuto e diluviato per tutta la settimana, e questo ha precluso la fruibilità in sella di buona parte dei sentieri nei dintorni.

Parto in solitaria verso le otto del mattino e mi reco ai piedi della funivia del Colle. Decido di salire in funivia per due motivi: 1) sono l’unico utente della funivia e 2) le forti piogge dei giorni scorsi hanno creato non pochi problemi alla sentieristica, quindi meglio tenermi un po’ di margine con le ore di luce.

Scatto la classica foto sullo Schlern dal Colle dei Contadini.

IMG_20181103_084157.jpg

Dal Colle dei Contadini, pedalo una decina di minuti arrivando al Colle dei Signori e quindi all’imbocco dell’E5. Dopo poche centinaia di metri, la montagna mi dà un primo avvertimento.

IMG_20181103_085305.jpg

Non passano dieci minuti, che subito arriva un secondo avvertimento.

IMG_20181103_090523

Fortunatamente si tratta di alberi singoli, che riesco a superare. In realtà, non mi preoccupano molto gli alberi a terra, quanto quelli pericolanti sopra la mia testa. Quindi procedo con molta cautela, più con gli occhi puntati per aria che sul sentiero.

Dopo un po’ di chilometri (ed altri scavalcamenti d’albero) odo il dolce suono delle motoseghe a lavoro, e dal primo maso finalmente il sentiero torna ad essere bello pulito.

Dopo una piccola discesa su sentiero con fondo migliore di molte strade asfaltate, arrivo a Lupicino.

IMG_20181103_095720

Dopo uno strappo bello ripido in cui sono costretto a spingere, arrivo su di una magnifica radura erbosa da cui godo di una vista di tutto rispetto sullo Schlern e sul Latemar.

IMG_20181103_100524IMG_20181103_101340IMG_20181103_101616

Dopo una rapida discesa asfaltata, arrivo a Nova Ponente.

IMG_20181103_102308

Cerco di raggiungere il sentiero che mi dovrebbe portare a Pietralba ma, purtroppo, incontro questo…

IMG_20181103_104347

Ormai ho una certa esperienza, e so che se hanno messo un cartello vuol dire che c’è sicuramente un buon motivo. Quindi, dopo aver maledetto la scelta di usare un cartello di divieto di sosta per indicare un divieto di circolazione (e non è la prima volta che mi ritrovo a maledire scelte sconsiderate sulla segnaletica qui in Alto Adige), opto per la ritirata.

Decido di prendere il sentiero che scende nel fosso del Rio Vallarsa, che avevo già percorso una volta in bici da corsa e copertoncini da 23.

Arrivato nel fosso, incontro un cartello che sembra messo lì apposta per me: Pietralba 1:20 h. Decido quindi di seguire questo sentiero (il 5B), che mi fa risalire dall’altro versante del fosso: una salita RIPIDISSIMA, in cui mi tocca fare un bel tratto con la bici in spalla.

Uscito dal fosso, mi ritrovo letteralmente in una pozza di fango che fa sì che tutti i lubrificanti usati sulla bici vadano a farsi benedire… in effetti il giro stava filando fin troppo liscio per i miei standard.

Risalgo faticosamente fino alla strada asfaltata, solo qualche centinaio di metri più in giù (e quasi un paio d’ore più tardi) dal punto in cui avevo optato per la “ritirata”. Da qui il 5B si dirige ripido e deciso verso un bosco, pur rimandendo pedalabile.

Anche se, di tanto in tanto, la montagna mi ricorda che è bene guardare per aria…

IMG_20181103_115905.jpg

Dopo alberi scavalcati, “ritirate” poco strategiche, rami nelle ruote e nel cambio, e bagni di fango, arrivo finalmente a questo (è il caso di dirlo) Benedetto santuario:

IMG_20181103_121247IMG_20181103_121528

All’interno di questo santuario si trovano “splendidi affreschi ed un’impressionante statua miracolosa della Madonna Addolorata”. Io, essendo infangato da capo a piedi, non mi sono permesso di entrare ad ammirare tutto ciò (tornerò con mezzi più consoni).

Finalmente, mi re-immetto nella traccia di nonnocarb. Ora arriva la parte che mi preoccupa, ossia la discesa a Laives. Non conosco il sentiero, e quindi non posso stimare se le piogge lo abbiano ostruito. Guardando Openstreetmap, però, mi pare di capire che si tratti di un sentiero abbastanza importante, quindi non sono troppo preoccupato… a parte per le curve di livello, che mi indicano che il sentiero è praticamente su un precipizio.

Con un po’ di dubbi, e rassegnato all’eventualità di dover di nuovo spallare la bici nel caso tocchi tornare indietro, mi lancio giù per la carrareccia indicata dalla traccia… si tratta del sentiero “Via Crucis”, ossia del sentiero che i pellegrini percorrono da Laives per arrivare a Pietralba.

IMG_20181103_123308IMG_20181103_123925

Le mie preoccupazioni si rivelano infondate, perchè il sentiero è un’ autostrada che offre magnifici scorci d’autunno sulla vallata sottostante..

IMG_20181103_123555IMG_20181103_124250IMG_20181103_124303IMG_20181103_124312IMG_20181103_124323

Addirittura qualcuno ha pensato di costruire, a ridosso dello strapiombo, un’ osteria! L’osteria di Mezzavia.

IMG_20181103_124807.jpg

Che, a giudicare dalle “firme” sui muri, è chiusa ormai da diversi anni.

La parte finale della traccia segue dei sentierini un po’ più ripidi con fondo bagnato, pietre lisce e foglie. Decido di non rischiare, e proseguo lungo la carrareccia. Scopro, così, un maso davvero particolare….

IMG_20181103_130231

Scendo per una ripidissima strada fino a raggiungere (nuovamente) il Rio Vallarsa prima, e Laives poi. La discesa si presta a delle ultime foto.

IMG_20181103_125328IMG_20181103_130418IMG_20181103_130644IMG_20181103_131320

A questo punto la traccia di nonnocarb sarebbe finita… decido, però di chiudere in bellezza risalendo da San Giacomo verso il sentiero 10A.

IMG_20181103_135941

Qui incontro un simpatico vecchietto che tutto arzillo tiene il mio passo in sella alla sua e-bike. In due formiamo una strana coppia che, fino a pochi anni fa, mai si sarebbe potuta incontrare per un sentiero così ripido. In più, mi faccio gratis una piccola lezione di storia sulla sentieristica dei dintorni.

Concludo il tutto con il (per me) classico e trialistico (senza troppe pietre e radici, ma tanti switchbacks belli stretti) 4B, che mi porta dritto dentro l’autolavaggio ai piedi del Virgolo… la bici ha bisogno di una bella doccia!

IMG_20181103_144835

Animazione e dati del giretto:

https://www.relive.cc/view/1943318941

South Tyrol Trail 2017

480 km per 12000 metri di dislivello positivo (una volta e mezzo il monte Everest).

Questi i numeri del South Tyrol Trail (STT) ,  un evento organizzato da Maurizio Deflorian, noto nelle riviste per Mountain Bike come “nonnocarb”.

Gli eventi trail si caratterizzano essenzialmente per non essere delle gare, ma delle avventure da vivere in totale autonomia e senza supporto alcuno. La stella polare da seguire è la traccia GPS, fornita dall’organizzazione, che nel caso del STT attraversa i luoghi più rappresentativi e panoramici dell’Alto Adige, coniugando a ciò tecnicità e pendenze riscontrabili solo in ambienti montani quali sono le Dolomiti.

Il STT è un evento che va preparato con cura, sia dal lato della preparazione fisica, che dal lato dell’attrezzatura.

Per quanto riguarda il primo aspetto, quando pensavo di essere quasi pronto, avendo fatto 50km di sentieri per 2500m di dislivello positivo in un giorno salendo sul Corno del Renon… mi ammalo :(.

Rimango a letto con la febbre fino a 5 giorni prima della partenza del trail. Uscito dal letto, la mia preparazione è stata due ore e mezza di pedalata. In pianura. Su asfalto. Su bici da corsa. In due giorni.

Insomma, alla partenza del trail non avevo neppure una seduta di allenamento che durasse più di due ore^^. Un po’ poco per un evento che mi avrebbe tenuto in sella per più di dieci ore al giorno…

Dal lato dell’attrezzatura, la bici da usare è stata ovviamente la Regina delle Corse, che mi accompagna (con opportuni aggiornamenti) ormai da vent’anni a questa parte nei miei giretti su strade bianche.

13247838_1099256076799701_8804322171841260625_o

Avendo una bici in teoria meno performante degli altri partecipanti, ho cercato di risparmiare peso sull’equipaggiamento, prendendo accorgimenti quali portare un solo un cambio di vestiti, tagliare la saponetta per lavarli, usare un tubetto di dentifricio semi-vuoto, ed altre piccole accortezze. Inoltre, ho anche preso uno zaino leggero da Sportler, oltre che un paio di scarpe un minimo impermeabili.

In realtà i miei piani di partire più leggero degli altri falliranno miseramente, in quanto alla partenza sarò l’unico ad essersi portato dietro la tenda ^^ (due chili).

Giorno 1: Malles -> Lagundo. Km 114, dislivello 3174+, 3802-.

La mattina del Trail ero bello carico. In partenza, tutti si sono messi a fare foto alle proprie bici, quindi anche io alla mia.

IMG_20170715_080826

Come vedete c’è parecchio spazio tra la mia bici e le altre… non ho voluto far fare brutte figure alle bici degli altri partecipanti.

Pronti, via, ed ecco che subito, non so bene come, mi ritrovo davanti a tutti… prima di essere superato da quello che poi l’avrebbe finita per primo, in due giorni (io ce ne ho messi sei), su di una bici non a caso chiamata “Locomotive“.

Cattura di schermata (1)

Poco dopo sono stato superato anche da altri due, di cui non ho nemmeno fatto in tempo a leggere l’etichetta sulla bici^^.

IMG_20170715_090352

All’altezza del lago di Resia, mentre ero fermo per un problema al cambio che poi ho risolto con qualche fascetta di plastica, mi passa il gruppetto dei “Toscani”.

IMG_20170715_104146

Loro arriveranno in 5 giorni, mi pare.

Al Lago di Resia, non poteva mancare la solita foto di rito.

IMG_20170715_104710

E qualche altra foto da scorci meno convenzionali, ma ugualmente belli.

IMG_20170715_112102

Scendendo da Resia, quando pensavo che da lì in poi sarebbe stata tutta discesa o pianura (AH AH!), arriva la prima rampa (300m di dislivello in salita) su asfalto e sotto il sole a picco. Il panorama che ho potuto ammirare scendendo, però, ha ampiamente ripagato la sfacchinata.

IMG_20170715_122322

Questa è l’ultima foto di giornata. Perché dopo è sostanzialmente arrivata la *morte*. Continui sali-scendi, con la fretta di voler arrivare almeno a Lagundo prima di sera. Strade super-disastrate, principalmente “Waalwege“, che sul volantino che ci hanno dato sono descritti come “sentieri di servizio ai piccoli canali storici per l’irrigazione”. Io, invece, mi sentirei di descriverli così: un canale d’acqua a sinistra, mezzo metro di rocce e radici al centro, uno strapiombo di duecento metri a destra.

Quindi, se ti va bene, cadi nell’acqua, se ti va meno bene, sulle rocce, se ti va male cadi giù.

Tutto ciò per chilometri e chilometri (quanti? BOOOH, troppi ^^).

Alla fine, dopo più di 100 km e 3000 metri di dislivello positivo, spesso percorsi a passo d’uomo, se non a piedi, all’imbrunire arrivo finalmente a Lagundo. Stanco ma contento, primo obiettivo raggiunto.

Screenshot Traccia:

Cattura3.PNG

Giorno 2: Lagundo -> Bolzano (Km 127, dislivello 3437m+, 3536m-).

Mi sveglio verso le sei e mezza del mattino, ed incomincio a smontare la tenda. Un’operazione un po’ lunga, che mi fa pensare se sia il caso che continui a portarmela dietro. Mentre sono lì a smontare ecco che vedo altri due-tre partecipanti sfrecciare a tutta sulla ciclabile, presumibilmente la donna d’acciaio Laura Ceccon, unica donna che finirà il STT, assieme al gruppo dei Vicentini. Il che accresce i miei dubbi sull’utilità della tenda.

La tappa incomincia con pedalabili 400 metri di dislivello in salita in direzione del bellissimo Castel Tirolo, che dà il nome a tutta la zona da Bolzano ad Innsbruck.

IMG_20170716_081323

Passato il castello si percorre un groviglio di sentieri in cui, sinceramente, non ci ho capito nulla^^. Fatto sta che improvvisamente mi sono ritrovato in centro a Merano.

IMG_20170716_102241

Uscito da quel groviglio malefico di sentieri, mi sentivo un eroe. E fiero circolavo per le strade di Merano, con lo stemma “South Tyrol Trail 2017” in bella vista sul manubrio. Mentre ero in preda ai miei deliri di onnipotenza, d’un tratto scorgo altri partecipanti un po’ avanti con l’età fermi al bar a sorseggiare caffè come se niente fosse. Arrivati lì già da un bel pezzo.

Cattura 2

Signori, non vi conosco, ma vi odio.

Ripartito da Merano, seguo la ciclabile per poi infilarmi in un campo di mele nei pressi di Postal, con tanto di cartello “Privato” in bella vista. Probabilmente nonnocarb ci teneva a mostraci le sue mele. Belle mele! Bravo nonno! Non ho fatto foto perché ero intento a mangiarl contemplare il verde silenzio nella rotondità del pomo.

Usciti dall’orto di nonnocarb, c’era una salita tosta, tecnica, e bastarda. Secondo me lui l’ha messa apposta perché sapeva che ci saremmo fermati a contemplare le sue mele, e per questo ci ha ripagati.

Però verso la cima ci ha perdonati, ed i paesaggi sono diventati via via più dolci e interessanti.

IMG_20170716_150613IMG_20170716_153342

IMG_20170716_163308

IMG_20170716_155813

Con tutto questo contemplare di mele e valli e vigneti, il tempo è trascorso velocemente, e velocemente andavano esaurendosi le batterie del GPS e del mio cellulare, nonché le mie scorte di cibo, acqua, ed energie. Ma ero solo al Lago di Caldaro, e mancavano ancora 50 km ed un numero imprecisato di metri in dislivello positivo prima di arrivare a Bolzano! Quindi, come il giorno precedente, niente più panorami, ma testa bassa e pedalare!

Cattura 5

Arriverò a Bolzano alle 10 di sera, stremato, con la digestione bloccata e la nausea, e senza la forza di arrivare fino a casa (mi sono fermato un quarto d’ora in ufficio, prima di trovare il coraggio di fare gli ultimi 5 minuti a piedi). Arrivato a casa, mi sono buttato in una vasca di acqua calda, per cercare di far ripartire la digestione. Poi, senza cenare, sono crollato nel letto, e da lì non ricordo più nulla.

Screenshot Traccia:

Cattura 4.PNG

Tappa 3: Bolzano -> Bressanone (Km 60.5, dislivello 2515m+, 2208m-)

Mi sono svegliato alle 5 di mattina. AFFAMATO.

Mi ricordo che nel frigo ho un kiwi da Amburgo, comprato la settimana prima. Lo mangio, ed intanto penso che così non si possa andare avanti: a che pro morire per finire il Trail in 4 giorni, correndo come un cavallo con i paraocchi e senza poter godere del paesaggio che mi circonda, quando posso farmelo con tutta calma in 5?

Con questi pensieri vado in ufficio a fare manutenzione alla bici: le serie sterzo delle vecchie mtb sono molto delicate, ed incominciano ad avere gioco già dopo pochi chilometri di strade dissestate. Già che sono lì, compro un pacchetto di Loacker alle macchinette.

Però ho ancora fame. Ed ecco che mi ritrovo alle sei di mattina a vagare per Bolzano, in solitaria, alla ricerca di luoghi che vendano cibo. Fallisco, e torno in ufficio a studiare il percorso, ed il meteo.

E guardando quest’ultimo, trovo una sorpresa: c’è bel tempo! Sole, sole, ed ancora sole! Yeah!

Immediatamente penso di alleggerire il fardello. E allora, via la tenda! Via i pantaloni antipioggia! Via la giacca antipioggia! Lascio indietro pure mezzo chilo di pannelli solari: nel bosco, semplicemente, non funzionano.

Dopo aver tolto più di 3 chili di peso, ed avendo deciso di percorrere l’ultima metà di percorso in 3 giorni anziché due, mi sentivo un drago.

Un drago affamato.

Infatti sono uscito di nuovo, e questa volta la mia ricerca ha avuto successo: ho comprato una focaccia con prosciutto cotto e formaggio. Mai ho mangiato una focaccia così buona.

Però avevo ancora fame.

Alla fine ho aspettato che aprisse la Despar, alle 8:30, dove mi sono comprato un’intera pizza surgelata. Sono tornato a casa, me la sono cotta, ci ho rovesciato sopra un’intera confezione di prosciutto, e me la sono mangiata.

Finalmente, dopo 3 ore e mezza di vagabondaggi, la mia fame si è placata.

Torno in ufficio, e finisco di preparare tutto il necessario per il proseguimento del viaggio. Adesso posso alleggerire il mio zaino, mettendo il sacco a pelo sul manubrio, dove prima era la tenda. Un bel vantaggio!

Trovo anche un modo abbastanza stabile di tenere il cellulare sul manubrio, così da non dover più ricorrere a contorsionismi vari per tirare ogni volta il cellulare fuori dallo zaino al fine di controllare la traccia.

Riparto verso le 11 del mattino, sotto un caldo torrido. La salita di Collalbo, totalmente esposta al sole, è come una friggitrice a cielo aperto. Ma io sono troppo euforico per accorgermene, e vado come un treno. Salto gli ostacoli, macino chilometri, spingo e spingo sui pedali… quando ad un tratto spingo un po’ troppo e…. “TRACK!”. Succede questo.

IMG_20170717_123442

Penso, “Che sfiga! Ma va beh, tanto io mi sono portato dietro il tool per le maglie catena”. Quando prendo il tool, però, mi accorgo di un problema… il ferretto che dovrebbe entrare nelle maglie della catena si è storto, rendendo l’intero tool inutilizzabile!

Adesso sono nei guai, penso. Incomincio a pensare a tremila, e subito mi viene in mente la piccola pinza che ho comprato a Brico pochi giorni prima (Ben 4 Euro). La prendo, e cerco di fare leva per raddrizzare il ferretto del tool.

Dopo tanto faticare sotto il sole, con l’ausilio della mia borraccia di metallo usata a mo’ di martello (diffidate dalle borracce di plastica), riesco nell’impresa! Dopo circa mezz’ora la catena è riparata, e finalmente posso ripartire.

E per fortuna che sono ripartito, perchè altrimenti mi sarei perso lo spettacolo dello Schlern dall’altopiano del Renon.

IMG_20170717_133553IMG_20170717_151248IMG_20170717_161351IMG_20170717_161711IMG_20170717_172612IMG_20170717_181756

Mentre già mi pregustavo l’arrivo a Bressanone, di questa (mezza) giornata filata sostanzialmente liscia (a parte la rottura della catena), rompo la catena una seconda volta. Ciò non mi impedirà di lì a poco di arrivare a Chiusa, su cui svetta il monastero di Sabiona.

IMG_20170717_184150Dopo la cena a Chiusa, con immancabile bagno al fiume, pedalo in notturna fino a Bressanone. Nell’attimo in cui stendo il sacco a pelo in un campo di mele, per dormire sotto le stelle, viene giù un bel temporale. Alla faccia del bel tempo! Mentre mi pento di aver lasciato la tenda a Bolzano, e non sarà l’ultima volta, corro a trovare rifugio sotto una tettoia in un campo da tennis, in cui passerò la notte.

Screenshot Traccia:

Cattura 6.PNG

Tappa 4: Bressanone -> Monguelfo (Km 69, dislivello 2696+, 2172-)

Mi sveglio verso le 6, ed incomincio a re-impacchettare il sacco a pelo e tutto il resto. Verso le 6 e mezza vado in cerca di un bar aperto in cui fare colazione, e dopo tanto vagare per bar e bar chiusi, l’unico che trovo aperto è gestito da un Romano.. mi sento un po’ più a casa.

Apro l’altimetria del percorso… il mio piano per la giornata prevede di superare  due punti attorno ai duemila metri: l’alpe di Rodengo e Prato Piazza, per oltre tremila metri di dislivello totali.

Poco dopo esser partito, incontro i due superstiti del gruppo di Vicentini, Laura e Antonio. Dopo un breve tratto a tre, seguo il mio passo e salgo in solitaria per la ripida strada asfaltata che porta all’alpe di Rodengo. La foto che scatto in cima non è certo delle migliori, e non rende la “pratosità” del posto.IMG_20170718_111123

La discesa è un ripido e tecnico single-track, dove ciò è possibile, composto da 4-5 sentieri messi insieme. Devo dire che come discesa è stata un po’ bizzarra: ho dovuto attraversare, nell’ordine, recinzioni elettrificate, un’abitazione privata (con tanto di saluto dell’inquilina che bellamente prendeva il sole), e un… cimitero.

Alla fine della discesa, lo spettacolare Castello di Casteldarne.

IMG_20170718_122910

Arrivato a Brunico, non senza che prima nonnocarb ci facesse fare l’immancabile deviazione di rito, sotto il sole a picco, al fine di farci ammirare il suo campo di granturco, con tanto di pini abbattuti che bloccavano in sentiero (bici in spalla e passa la paura), ho pranzato e fatto una scorta di barrette alla Despar. Sono poi andato da Sportler a comprare una catena nuova ed un nuovo tool per le maglie catena. Mentre ero lì che sostituivo la catena mi passa il gruppetto dei Toscani (ma non erano avanti???).

Quando vado a riporre i tool, mi accorgo che ho bucato… il tubetto di colla delle Tip Top per riparare le camere d’aria in caso di foratura! Una meta-foratura! Quindi, torno da Sportler, questa volta per comprare un nuovo box di Tip Top.

Mentre mi accingo a ripartire, con non poco ritardo sulla mia tabella di marcia ed ormai rassegnato a non raggiungere Prato Piazza, incontro Laura e Antonio. Essendo loro convintissimi di poter raggiungere Prato Piazza prima della notte, decido di unirmi a loro.

La nostra avventura a tre finirà poco dopo, sotto un freddo temporale, in quel di Monguelfo. Mentre loro due decideranno di passare la notte lì, io mi pento nuovamente di aver lasciato la tenda a Bolzano, e decido di tornarci in treno per recuperare il completo anti-pioggia.

Loro due riusciranno ad arrivare il giorno dopo, verso sera.

Cattura 7

Il mio viaggio di ritorno, invece, si interromperà a Fortezza: un capotreno con molto zelo deciderà che io non posso salire in bici sull’ultimo treno per Bolzano. Passo così la notte sul pavimento della stazione di Fortezza, insieme a profughi che preoccupati mi domandano “che succede, tutto bene capo?”. Non preoccupatevi per me, questa mia disavventura è una bazzecola rispetto a ciò che, tutti i giorni, dovete affrontare voi.

Screenshot Traccia:

Cattura 8.PNG

Tappa 5: Monguelfo -> Carbonin (Km >16, dislivello >791m+, >58m-) [Traccia GPS non registrata per intero]

La mattina prendo il primo treno e sono a Bolzano… a quest’ora, secondo i miei programmi, sarei già dovuto essere tornato indietro a Monguelfo. Decido quindi di posticipare la mia ripartenza, ormai è già tardi, e di andare a lavorare in ufficio.

Dopo mezza giornata tra e-mail e documenti, durante la pausa pranzo vado da Sportler per cercare di risolvere il dubbio: come proteggersi da un temporale che ti sorprende, magari di notte, a 2000 metri di quota? L’addetto alle vendite, un ragazzo che ogni tanto vedo quando vado ad arrampicare a Salewa, mi spiega cos’è un sacco da bivacco e come usarlo. Lo prendo, felice e contento. Adesso posso affrontare qualunque condizione atmosferica.

Sono di nuovo a Monguelfo verso le sette di sera. Dopo una breve cena, inizio la salita per Prato Piazza. Quando sono a Ponticello, verso metà salita, è già quasi buio.

IMG_20170719_205604

Arriverò a Prato Piazza verso le dieci di sera. Decido di tentare la discesa in notturna, anche perché Laura il giorno prima mi ha detto che quella da Prato Piazza è una discesa meno tecnica di quella dall’alpe di Rodengo. Purtroppo non trovo un appoggio stabile per la lampadina che mi sono portato dietro, e mi tocca tenerla puntata verso le stelle. Fortunatamente ho anche una piccola lampadina portachiavi che appendo sotto il manubrio. Morale: posso vedere le rocce subito sotto la mia ruota, e quelle distanti 50 metri. Ciò che c’è in mezzo? Boh, inutile saperlo.

Verso mezzanotte stendo il sacco a pelo sul sentiero nei pressi di Carbonin.

Screenshot Traccia [incompleta]

Cattura 9.PNG

Ultima Tappa: Carbonin -> Camping Olympia, Dobbiaco (Km 80.2, dislivello 2352m+, 2603m-) 

Mi sveglio sapendo che oggi, se tutto filerà liscio, sarà l’ultima giornata del STT. Il primo tratto è di discesa verso Dobbiaco, pedalando lungo la ciclabile che collega Dobbiaco a Cortina D’Ampezzo. Lungo il tragitto ammiro, in sequenza, la visuale sul Gruppo del Cristallo dal Lago di Landro, le Tre Cime in lontananza, ed il Lago di Dobbiaco.

IMG_20170720_075107IMG_20170720_075506IMG_20170720_083012IMG_20170720_083018

Dopo una colazione a base di cornetti (che qui chiamano brioche) e cappuccino, riempio la mia borraccia alle sorgenti della Drava.

IMG_20170720_091846IMG_20170720_091859

Dopo una breve salitella che mi porta oltre i 1400 metri di quota, godo di un’ottima visuale sul Gruppo Rondoi-Baranci.

IMG_20170720_100403

La discesa mi porterà ai Bagni di San Candido, luogo che prima di cadere in rovina era stato frequentato da potenti e imperatori. Infine, me.

IMG_20170720_101621

Luogo che sicuramente avrebbe meritato una foto migliore…

La prima vera asperità di giornata la incontro dopo il paesino di Sesto. Si sale attorno ai 2000m in direzione Croda Rossa. La salita sarà tutt’altro che rose e fiori. Verso metà ascesa, infatti, rompo la catena (siamo alla quarta riparazione).

 

IMG_20170720_115111

Dopo averla riparata, ed aver percorso solo duecento metri, la catena si rompe nuovamente. Questa volta mi accorgo del motivo per cui ho tante rotture catena: il pignone del 42 si è piegato, ed ormai poggia completamente su quello del 36. Morale della favola: mi tocca continuare il giro (cioè, salire altre due volte attorno ai 2000m) con solo i 5 pignoni rimasti. Quelli più duri.

20228276_1276467985808462_4108581760605583029_n

(Pacco pignoni all’arrivo. Foto di nonnocarb.)

Mentre sostituisco la catena, il cielo si fa sempre più grigio. Acquazzone in arrivo, devo sbrigarmi ad arrivare in cima.

Nonostante tutto, alla fine, ce la faccio.

IMG_20170720_124952

Mi fermo giusto il tempo di una foto, e riparto velocemente. Dopo la discesa, torno nuovamente attorno a quota 2000.

IMG_20170720_125013

Lungo questa seconda discesa, però, incomincia a piovere. Mi fermo e mi metto in modalità pioggia. Quindi riparto, ma la mia direzione è proprio verso il temporale.

Fortunatamente, dovunque io metta le ruote ha appena smesso di piovere, quindi pedalo essenzialmente all’asciutto (a parte il fango del sentiero). Ciò mi dà il tempo di un’altra foto, durante l’ascesa che mi porterà in cima alla funivia del Monte Elmo.

IMG_20170720_141821

Una volta in cima, non ho neanche il tempo di riempire la borraccia, che subito vengo investito da una fitta nebbia. Mi lancio prontamente in discesa, e riesco quindi a fuggire dall’ennesimo temporale di giornata.

La discesa mi porterà a San Candido, in cui gli odori di una sagra di paese mi tentano per fermarmi a mangiare. Ma ormai manca meno di un’ora a Dobbiaco, ed è ora di finire questa avventura che si è protratta anche troppo a lungo.

Arrivato al Camping, incontro nonnocarb che scatta le sue foto di rito. Mi offrirà una birra, che spero un giorno di poter ricambiare.

Cattura 10.PNG

(Io all’arrivo. Foto di nonnocarb).

Dopo neanche venti minuti, viene giù un diluvio. Non cadere in tentazione a San Candido è stata una scelta saggia :).

Screenshot Traccia:

Cattura 11.PNG