South Tyrol Trail 2017

480 km per 12000 metri di dislivello positivo (una volta e mezzo il monte Everest).

Questi i numeri del South Tyrol Trail (STT) ,  un evento organizzato da Maurizio Deflorian, noto nelle riviste per Mountain Bike come “nonnocarb”.

Gli eventi trail si caratterizzano essenzialmente per non essere delle gare, ma delle avventure da vivere in totale autonomia e senza supporto alcuno. La stella polare da seguire è la traccia GPS, fornita dall’organizzazione, che nel caso del STT attraversa i luoghi più rappresentativi e panoramici dell’Alto Adige, coniugando a ciò tecnicità e pendenze riscontrabili solo in ambienti montani quali sono le Dolomiti.

Il STT è un evento che va preparato con cura, sia dal lato della preparazione fisica, che dal lato dell’attrezzatura.

Per quanto riguarda il primo aspetto, quando pensavo di essere quasi pronto, avendo fatto 50km di sentieri per 2500m di dislivello positivo in un giorno salendo sul Corno del Renon… mi ammalo :(.

Rimango a letto con la febbre fino a 5 giorni prima della partenza del trail. Uscito dal letto, la mia preparazione è stata due ore e mezza di pedalata. In pianura. Su asfalto. Su bici da corsa. In due giorni.

Insomma, alla partenza del trail non avevo neppure una seduta di allenamento che durasse più di due ore^^. Un po’ poco per un evento che mi avrebbe tenuto in sella per più di dieci ore al giorno…

Dal lato dell’attrezzatura, la bici da usare è stata ovviamente la Regina delle Corse, che mi accompagna (con opportuni aggiornamenti) ormai da vent’anni a questa parte nei miei giretti su strade bianche.

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Avendo una bici in teoria meno performante degli altri partecipanti, ho cercato di risparmiare peso sull’equipaggiamento, prendendo accorgimenti quali portare un solo un cambio di vestiti, tagliare la saponetta per lavarli, usare un tubetto di dentifricio semi-vuoto, ed altre piccole accortezze. Inoltre, ho anche preso uno zaino leggero da Sportler, oltre che un paio di scarpe un minimo impermeabili.

In realtà i miei piani di partire più leggero degli altri falliranno miseramente, in quanto alla partenza sarò l’unico ad essersi portato dietro la tenda ^^ (due chili).

Giorno 1: Malles -> Lagundo. Km 114, dislivello 3174+, 3802-.

La mattina del Trail ero bello carico. In partenza, tutti si sono messi a fare foto alle proprie bici, quindi anche io alla mia.

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Come vedete c’è parecchio spazio tra la mia bici e le altre… non ho voluto far fare brutte figure alle bici degli altri partecipanti.

Pronti, via, ed ecco che subito, non so bene come, mi ritrovo davanti a tutti… prima di essere superato da quello che poi l’avrebbe finita per primo, in due giorni (io ce ne ho messi sei), su di una bici non a caso chiamata “Locomotive“.

Cattura di schermata (1)

Poco dopo sono stato superato anche da altri due, di cui non ho nemmeno fatto in tempo a leggere l’etichetta sulla bici^^.

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All’altezza del lago di Resia, mentre ero fermo per un problema al cambio che poi ho risolto con qualche fascetta di plastica, mi passa il gruppetto dei “Toscani”.

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Loro arriveranno in 5 giorni, mi pare.

Al Lago di Resia, non poteva mancare la solita foto di rito.

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E qualche altra foto da scorci meno convenzionali, ma ugualmente belli.

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Scendendo da Resia, quando pensavo che da lì in poi sarebbe stata tutta discesa o pianura (AH AH!), arriva la prima rampa (300m di dislivello in salita) su asfalto e sotto il sole a picco. Il panorama che ho potuto ammirare scendendo, però, ha ampiamente ripagato la sfacchinata.

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Questa è l’ultima foto di giornata. Perché dopo è sostanzialmente arrivata la *morte*. Continui sali-scendi, con la fretta di voler arrivare almeno a Lagundo prima di sera. Strade super-disastrate, principalmente “Waalwege“, che sul volantino che ci hanno dato sono descritti come “sentieri di servizio ai piccoli canali storici per l’irrigazione”. Io, invece, mi sentirei di descriverli così: un canale d’acqua a sinistra, mezzo metro di rocce e radici al centro, uno strapiombo di duecento metri a destra.

Quindi, se ti va bene, cadi nell’acqua, se ti va meno bene, sulle rocce, se ti va male cadi giù.

Tutto ciò per chilometri e chilometri (quanti? BOOOH, troppi ^^).

Alla fine, dopo più di 100 km e 3000 metri di dislivello positivo, spesso percorsi a passo d’uomo, se non a piedi, all’imbrunire arrivo finalmente a Lagundo. Stanco ma contento, primo obiettivo raggiunto.

Screenshot Traccia:

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Giorno 2: Lagundo -> Bolzano (Km 127, dislivello 3437m+, 3536m-).

Mi sveglio verso le sei e mezza del mattino, ed incomincio a smontare la tenda. Un’operazione un po’ lunga, che mi fa pensare se sia il caso che continui a portarmela dietro. Mentre sono lì a smontare ecco che vedo altri due-tre partecipanti sfrecciare a tutta sulla ciclabile, presumibilmente la donna d’acciaio Laura Ceccon, unica donna che finirà il STT, assieme al gruppo dei Vicentini. Il che accresce i miei dubbi sull’utilità della tenda.

La tappa incomincia con pedalabili 400 metri di dislivello in salita in direzione del bellissimo Castel Tirolo, che dà il nome a tutta la zona da Bolzano ad Innsbruck.

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Passato il castello si percorre un groviglio di sentieri in cui, sinceramente, non ci ho capito nulla^^. Fatto sta che improvvisamente mi sono ritrovato in centro a Merano.

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Uscito da quel groviglio malefico di sentieri, mi sentivo un eroe. E fiero circolavo per le strade di Merano, con lo stemma “South Tyrol Trail 2017” in bella vista sul manubrio. Mentre ero in preda ai miei deliri di onnipotenza, d’un tratto scorgo altri partecipanti un po’ avanti con l’età fermi al bar a sorseggiare caffè come se niente fosse. Arrivati lì già da un bel pezzo.

Cattura 2

Signori, non vi conosco, ma vi odio.

Ripartito da Merano, seguo la ciclabile per poi infilarmi in un campo di mele nei pressi di Postal, con tanto di cartello “Privato” in bella vista. Probabilmente nonnocarb ci teneva a mostraci le sue mele. Belle mele! Bravo nonno! Non ho fatto foto perché ero intento a mangiarl contemplare il verde silenzio nella rotondità del pomo.

Usciti dall’orto di nonnocarb, c’era una salita tosta, tecnica, e bastarda. Secondo me lui l’ha messa apposta perché sapeva che ci saremmo fermati a contemplare le sue mele, e per questo ci ha ripagati.

Però verso la cima ci ha perdonati, ed i paesaggi sono diventati via via più dolci e interessanti.

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Con tutto questo contemplare di mele e valli e vigneti, il tempo è trascorso velocemente, e velocemente andavano esaurendosi le batterie del GPS e del mio cellulare, nonché le mie scorte di cibo, acqua, ed energie. Ma ero solo al Lago di Caldaro, e mancavano ancora 50 km ed un numero imprecisato di metri in dislivello positivo prima di arrivare a Bolzano! Quindi, come il giorno precedente, niente più panorami, ma testa bassa e pedalare!

Cattura 5

Arriverò a Bolzano alle 10 di sera, stremato, con la digestione bloccata e la nausea, e senza la forza di arrivare fino a casa (mi sono fermato un quarto d’ora in ufficio, prima di trovare il coraggio di fare gli ultimi 5 minuti a piedi). Arrivato a casa, mi sono buttato in una vasca di acqua calda, per cercare di far ripartire la digestione. Poi, senza cenare, sono crollato nel letto, e da lì non ricordo più nulla.

Screenshot Traccia:

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Tappa 3: Bolzano -> Bressanone (Km 60.5, dislivello 2515m+, 2208m-)

Mi sono svegliato alle 5 di mattina. AFFAMATO.

Mi ricordo che nel frigo ho un kiwi da Amburgo, comprato la settimana prima. Lo mangio, ed intanto penso che così non si possa andare avanti: a che pro morire per finire il Trail in 4 giorni, correndo come un cavallo con i paraocchi e senza poter godere del paesaggio che mi circonda, quando posso farmelo con tutta calma in 5?

Con questi pensieri vado in ufficio a fare manutenzione alla bici: le serie sterzo delle vecchie mtb sono molto delicate, ed incominciano ad avere gioco già dopo pochi chilometri di strade dissestate. Già che sono lì, compro un pacchetto di Loacker alle macchinette.

Però ho ancora fame. Ed ecco che mi ritrovo alle sei di mattina a vagare per Bolzano, in solitaria, alla ricerca di luoghi che vendano cibo. Fallisco, e torno in ufficio a studiare il percorso, ed il meteo.

E guardando quest’ultimo, trovo una sorpresa: c’è bel tempo! Sole, sole, ed ancora sole! Yeah!

Immediatamente penso di alleggerire il fardello. E allora, via la tenda! Via i pantaloni antipioggia! Via la giacca antipioggia! Lascio indietro pure mezzo chilo di pannelli solari: nel bosco, semplicemente, non funzionano.

Dopo aver tolto più di 3 chili di peso, ed avendo deciso di percorrere l’ultima metà di percorso in 3 giorni anziché due, mi sentivo un drago.

Un drago affamato.

Infatti sono uscito di nuovo, e questa volta la mia ricerca ha avuto successo: ho comprato una focaccia con prosciutto cotto e formaggio. Mai ho mangiato una focaccia così buona.

Però avevo ancora fame.

Alla fine ho aspettato che aprisse la Despar, alle 8:30, dove mi sono comprato un’intera pizza surgelata. Sono tornato a casa, me la sono cotta, ci ho rovesciato sopra un’intera confezione di prosciutto, e me la sono mangiata.

Finalmente, dopo 3 ore e mezza di vagabondaggi, la mia fame si è placata.

Torno in ufficio, e finisco di preparare tutto il necessario per il proseguimento del viaggio. Adesso posso alleggerire il mio zaino, mettendo il sacco a pelo sul manubrio, dove prima era la tenda. Un bel vantaggio!

Trovo anche un modo abbastanza stabile di tenere il cellulare sul manubrio, così da non dover più ricorrere a contorsionismi vari per tirare ogni volta il cellulare fuori dallo zaino al fine di controllare la traccia.

Riparto verso le 11 del mattino, sotto un caldo torrido. La salita di Collalbo, totalmente esposta al sole, è come una friggitrice a cielo aperto. Ma io sono troppo euforico per accorgermene, e vado come un treno. Salto gli ostacoli, macino chilometri, spingo e spingo sui pedali… quando ad un tratto spingo un po’ troppo e…. “TRACK!”. Succede questo.

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Penso, “Che sfiga! Ma va beh, tanto io mi sono portato dietro il tool per le maglie catena”. Quando prendo il tool, però, mi accorgo di un problema… il ferretto che dovrebbe entrare nelle maglie della catena si è storto, rendendo l’intero tool inutilizzabile!

Adesso sono nei guai, penso. Incomincio a pensare a tremila, e subito mi viene in mente la piccola pinza che ho comprato a Brico pochi giorni prima (Ben 4 Euro). La prendo, e cerco di fare leva per raddrizzare il ferretto del tool.

Dopo tanto faticare sotto il sole, con l’ausilio della mia borraccia di metallo usata a mo’ di martello (diffidate dalle borracce di plastica), riesco nell’impresa! Dopo circa mezz’ora la catena è riparata, e finalmente posso ripartire.

E per fortuna che sono ripartito, perchè altrimenti mi sarei perso lo spettacolo dello Schlern dall’altopiano del Renon.

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Mentre già mi pregustavo l’arrivo a Bressanone, di questa (mezza) giornata filata sostanzialmente liscia (a parte la rottura della catena), rompo la catena una seconda volta. Ciò non mi impedirà di lì a poco di arrivare a Chiusa, su cui svetta il monastero di Sabiona.

IMG_20170717_184150Dopo la cena a Chiusa, con immancabile bagno al fiume, pedalo in notturna fino a Bressanone. Nell’attimo in cui stendo il sacco a pelo in un campo di mele, per dormire sotto le stelle, viene giù un bel temporale. Alla faccia del bel tempo! Mentre mi pento di aver lasciato la tenda a Bolzano, e non sarà l’ultima volta, corro a trovare rifugio sotto una tettoia in un campo da tennis, in cui passerò la notte.

Screenshot Traccia:

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Tappa 4: Bressanone -> Monguelfo (Km 69, dislivello 2696+, 2172-)

Mi sveglio verso le 6, ed incomincio a re-impacchettare il sacco a pelo e tutto il resto. Verso le 6 e mezza vado in cerca di un bar aperto in cui fare colazione, e dopo tanto vagare per bar e bar chiusi, l’unico che trovo aperto è gestito da un Romano.. mi sento un po’ più a casa.

Apro l’altimetria del percorso… il mio piano per la giornata prevede di superare  due punti attorno ai duemila metri: l’alpe di Rodengo e Prato Piazza, per oltre tremila metri di dislivello totali.

Poco dopo esser partito, incontro i due superstiti del gruppo di Vicentini, Laura e Antonio. Dopo un breve tratto a tre, seguo il mio passo e salgo in solitaria per la ripida strada asfaltata che porta all’alpe di Rodengo. La foto che scatto in cima non è certo delle migliori, e non rende la “pratosità” del posto.IMG_20170718_111123

La discesa è un ripido e tecnico single-track, dove ciò è possibile, composto da 4-5 sentieri messi insieme. Devo dire che come discesa è stata un po’ bizzarra: ho dovuto attraversare, nell’ordine, recinzioni elettrificate, un’abitazione privata (con tanto di saluto dell’inquilina che bellamente prendeva il sole), e un… cimitero.

Alla fine della discesa, lo spettacolare Castello di Casteldarne.

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Arrivato a Brunico, non senza che prima nonnocarb ci facesse fare l’immancabile deviazione di rito, sotto il sole a picco, al fine di farci ammirare il suo campo di granturco, con tanto di pini abbattuti che bloccavano in sentiero (bici in spalla e passa la paura), ho pranzato e fatto una scorta di barrette alla Despar. Sono poi andato da Sportler a comprare una catena nuova ed un nuovo tool per le maglie catena. Mentre ero lì che sostituivo la catena mi passa il gruppetto dei Toscani (ma non erano avanti???).

Quando vado a riporre i tool, mi accorgo che ho bucato… il tubetto di colla delle Tip Top per riparare le camere d’aria in caso di foratura! Una meta-foratura! Quindi, torno da Sportler, questa volta per comprare un nuovo box di Tip Top.

Mentre mi accingo a ripartire, con non poco ritardo sulla mia tabella di marcia ed ormai rassegnato a non raggiungere Prato Piazza, incontro Laura e Antonio. Essendo loro convintissimi di poter raggiungere Prato Piazza prima della notte, decido di unirmi a loro.

La nostra avventura a tre finirà poco dopo, sotto un freddo temporale, in quel di Monguelfo. Mentre loro due decideranno di passare la notte lì, io mi pento nuovamente di aver lasciato la tenda a Bolzano, e decido di tornarci in treno per recuperare il completo anti-pioggia.

Loro due riusciranno ad arrivare il giorno dopo, verso sera.

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Il mio viaggio di ritorno, invece, si interromperà a Fortezza: un capotreno con molto zelo deciderà che io non posso salire in bici sull’ultimo treno per Bolzano. Passo così la notte sul pavimento della stazione di Fortezza, insieme a profughi che preoccupati mi domandano “che succede, tutto bene capo?”. Non preoccupatevi per me, questa mia disavventura è una bazzecola rispetto a ciò che, tutti i giorni, dovete affrontare voi.

Screenshot Traccia:

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Tappa 5: Monguelfo -> Carbonin (Km >16, dislivello >791m+, >58m-) [Traccia GPS non registrata per intero]

La mattina prendo il primo treno e sono a Bolzano… a quest’ora, secondo i miei programmi, sarei già dovuto essere tornato indietro a Monguelfo. Decido quindi di posticipare la mia ripartenza, ormai è già tardi, e di andare a lavorare in ufficio.

Dopo mezza giornata tra e-mail e documenti, durante la pausa pranzo vado da Sportler per cercare di risolvere il dubbio: come proteggersi da un temporale che ti sorprende, magari di notte, a 2000 metri di quota? L’addetto alle vendite, un ragazzo che ogni tanto vedo quando vado ad arrampicare a Salewa, mi spiega cos’è un sacco da bivacco e come usarlo. Lo prendo, felice e contento. Adesso posso affrontare qualunque condizione atmosferica.

Sono di nuovo a Monguelfo verso le sette di sera. Dopo una breve cena, inizio la salita per Prato Piazza. Quando sono a Ponticello, verso metà salita, è già quasi buio.

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Arriverò a Prato Piazza verso le dieci di sera. Decido di tentare la discesa in notturna, anche perché Laura il giorno prima mi ha detto che quella da Prato Piazza è una discesa meno tecnica di quella dall’alpe di Rodengo. Purtroppo non trovo un appoggio stabile per la lampadina che mi sono portato dietro, e mi tocca tenerla puntata verso le stelle. Fortunatamente ho anche una piccola lampadina portachiavi che appendo sotto il manubrio. Morale: posso vedere le rocce subito sotto la mia ruota, e quelle distanti 50 metri. Ciò che c’è in mezzo? Boh, inutile saperlo.

Verso mezzanotte stendo il sacco a pelo sul sentiero nei pressi di Carbonin.

Screenshot Traccia [incompleta]

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Ultima Tappa: Carbonin -> Camping Olympia, Dobbiaco (Km 80.2, dislivello 2352m+, 2603m-) 

Mi sveglio sapendo che oggi, se tutto filerà liscio, sarà l’ultima giornata del STT. Il primo tratto è di discesa verso Dobbiaco, pedalando lungo la ciclabile che collega Dobbiaco a Cortina D’Ampezzo. Lungo il tragitto ammiro, in sequenza, la visuale sul Gruppo del Cristallo dal Lago di Landro, le Tre Cime in lontananza, ed il Lago di Dobbiaco.

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Dopo una colazione a base di cornetti (che qui chiamano brioche) e cappuccino, riempio la mia borraccia alle sorgenti della Drava.

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Dopo una breve salitella che mi porta oltre i 1400 metri di quota, godo di un’ottima visuale sul Gruppo Rondoi-Baranci.

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La discesa mi porterà ai Bagni di San Candido, luogo che prima di cadere in rovina era stato frequentato da potenti e imperatori. Infine, me.

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Luogo che sicuramente avrebbe meritato una foto migliore…

La prima vera asperità di giornata la incontro dopo il paesino di Sesto. Si sale attorno ai 2000m in direzione Croda Rossa. La salita sarà tutt’altro che rose e fiori. Verso metà ascesa, infatti, rompo la catena (siamo alla quarta riparazione).

 

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Dopo averla riparata, ed aver percorso solo duecento metri, la catena si rompe nuovamente. Questa volta mi accorgo del motivo per cui ho tante rotture catena: il pignone del 42 si è piegato, ed ormai poggia completamente su quello del 36. Morale della favola: mi tocca continuare il giro (cioè, salire altre due volte attorno ai 2000m) con solo i 5 pignoni rimasti. Quelli più duri.

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(Pacco pignoni all’arrivo. Foto di nonnocarb.)

Mentre sostituisco la catena, il cielo si fa sempre più grigio. Acquazzone in arrivo, devo sbrigarmi ad arrivare in cima.

Nonostante tutto, alla fine, ce la faccio.

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Mi fermo giusto il tempo di una foto, e riparto velocemente. Dopo la discesa, torno nuovamente attorno a quota 2000.

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Lungo questa seconda discesa, però, incomincia a piovere. Mi fermo e mi metto in modalità pioggia. Quindi riparto, ma la mia direzione è proprio verso il temporale.

Fortunatamente, dovunque io metta le ruote ha appena smesso di piovere, quindi pedalo essenzialmente all’asciutto (a parte il fango del sentiero). Ciò mi dà il tempo di un’altra foto, durante l’ascesa che mi porterà in cima alla funivia del Monte Elmo.

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Una volta in cima, non ho neanche il tempo di riempire la borraccia, che subito vengo investito da una fitta nebbia. Mi lancio prontamente in discesa, e riesco quindi a fuggire dall’ennesimo temporale di giornata.

La discesa mi porterà a San Candido, in cui gli odori di una sagra di paese mi tentano per fermarmi a mangiare. Ma ormai manca meno di un’ora a Dobbiaco, ed è ora di finire questa avventura che si è protratta anche troppo a lungo.

Arrivato al Camping, incontro nonnocarb che scatta le sue foto di rito. Mi offrirà una birra, che spero un giorno di poter ricambiare.

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(Io all’arrivo. Foto di nonnocarb).

Dopo neanche venti minuti, viene giù un diluvio. Non cadere in tentazione a San Candido è stata una scelta saggia :).

Screenshot Traccia:

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24-06-2017: Bolzano -> Venezia

Questo è un giro preparato da tempo, ma che per un motivo o per un altro non ho mai trovato il tempo di fare. L’occasione è arrivata a Giugno del 2017, in una settimana di caldo perverso.

Fino al giorno precedente ero ancora in dubbio se partire. Fortunatamente, le revisioni a lavoro sono arrivate il 23 mattina, e sono riuscito a scrivere una bozza di risposta abbastanza soddisfacente entro la sera del 23.

Dopo aver rimediato una tenda dal mio collega Julien, avendo lasciato la mia a Camerale, ed aver preparato in fretta e furia tutto (speriamo!) il necessario per una tre giorni in bici, sono andato a dormire dopo una notte insonne e sapendo di dovermi svegliare presto.

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Giorno 1: Bolzano -> Dobbiaco. Km 120

La mattina del 24, un Russo (Vlad), un Francese (Benjamin), ed un Tedesco (Simon) si sono incontrati sulla ciclabile. L’Italiano (io) è arrivato con mezz’ora di ritardo. Ah ah.

La strada fino a Dobbiaco è conosciuta, l’abbiamo già percorsa l’anno scorso per andare a Lienz (Austria). Si tratta di una ciclabile lungo la valle dell’Adige, che segue parallela il cammino del treno diretto al Brennero, fino a Fortezza.

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Qui si congiungono due importanti piste ciclabili: sulla direttrice Nord, si arriva al Brennero e da lì si raggiungono Innsbruck e l’Austria. Ad Est, ci si immette nella Val Pusteria in direzione Lienz (che sempre in Austria è).

Imboccata la ciclabile per la Val Pusteria, si gode di una bella pedalata in mezzo ai prati.

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Siamo arrivati a Brunico per ora di pranzo. Visibilmente provati ^^

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Dopo una breve sosta al supermercato, alla ricerca di barrette dopanti, siamo ripartiti belli carichi e motivati.

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A metà strada tra Brunico e Dobbiaco c’è il lago di Costalovara, dalle acque freddissime ed in cui solo gli eroi osano mettere costume (o niente, nel caso di Vlad).

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Dopo  la pausa “rinfrescante”, siamo scappati di corsa verso Dobbiaco alle prime avvisaglie di pioggia.

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Quando la strada spiana, poco prima di Dobbiaco, si può godere di un discreto panorama..

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A Dobbiaco si è conclusa la nostra prima tappa.

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(Traccia: Solo fino al lago di Costalovara, poi il GPS è morto.)

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Giorno 2: Dobbiaco -> Belluno (km 110)

Dopo una notte di pioggia battente, ci siamo svegliati con la tenda piena d’acqua. Un po’ demotivati, ed in attesa di tempi migliori, ci siamo dati ad altri sport.

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Finita la pioggia, ci siamo rimessi in cammino all’una e mezza del pomeriggio. Obiettivo: essere a Belluno prima delle sette di sera!
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IMG_20170625_135641

Che, per nostra fortuna, si sono verificati sul bellissimo lago di Dobbiaco.

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Tornati al nostro cammino, abbiamo goduto di bei panorami nella gola che porta al passo Cimabanche, direzione Cortina.

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Dal passo fino a Cortina sono una ventina di Km, tutti di pedalabile discesa^^

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Purtroppo il tempo è tiranno, e siamo dovuti ripartire subito per rispettare la nostra tabella di marcia. Ad attenderci, la magnifica valle-gola di Cadore.

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Usciti dalla “gola”, si arriva a Longarone, con una bella vista sul fiume Piave.

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Una vallata con diverse zone industriali, di cui alcune tristemente note.

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Eppure, il fascino di questi luoghi rimane…

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E finalmente, dopo circa 110 km, siamo arrivati a destinazione, sul lago di Santa Croce. La signora del Camping non solo non ci ha fatto storie sul fatto che siamo arrivati con un’ora di ritardo, ma non ci ha neppure fatto pagare il posto tenda ^^.

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Dopo la nuotata di rito, la meritata cena.

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(Traccia)

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Giorno 3: Belluno -> Venezia (km 110)

I colori del mattino ci hanno fatto meglio apprezzare la bellezza del lago.

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Partiti di buona lena, ci siamo messi in viaggio in direzione Venezia. A parte una risalita sul lago, con relativa discesa ardita…

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… davanti a noi una tappa tutta pianeggiante, da Vittorio Veneto in giù.

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Purtroppo le cose belle, come la pianura, durano poco…

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Dopo aver sistemato una seconda foratura, merito di piste ciclabili che molto ciclabili non sono, arrivare a Mestre è stato relativamente facile—caldo e GPS sballati a parte…

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(Traccia)

Screenshot from 2017-06-27 10:02:39

Dopo una breve pausa pranzo, finalmente, Venezia.

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Che, purtroppo, non è pedalabile, ma solo navigabile :(.

(Traccia)

Screenshot from 2017-06-27 10:03:50