Agosto 2020 – MAGS (Finale)

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Terzo Giorno

Mi sveglio, e lentamente incomincio a smontare la tenda, sgonfiare il materassino, re-infilare tutto nelle sacche di compressione… una riga per scriverlo, un’ora per farlo.

Parto che sta per albeggiare. Penso che, se sarò fortunato, magari beccherò l’alba proprio a Rocca Calascio, uno dei luoghi più suggestivi di questo viaggio.

Poco dopo l’abitato di Santo Stefano faccio un incontro assai inaspettato: un gruppo di una ventina tra cinghiali e cuccioletti! Aspetto che attraversino la strada, a debita distanza, mentre tra me e me penso “ma sono arrivati anche qui? Anche i lupi saranno in vacanza…”

Passati i porcellini, continuo la salita verso Rocca Calascio….

…eh sì, sono proprio fortunato.

Essere a Rocca Calascio, completamente da solo ed averla tutta per me, alle prime luci dell’alba. Wow.

La mia buona stella mi sorride, e confido di finire il trail in giornata.

Dai 1340 metri sul livello del mare di Rocca Calascio perdo rapidamente quota fino ad arrivare a valle, per poi tornare a salire fino ai 1240 metri di Castel del Monte.

Non ero mai stato qui, se non di passaggio in macchina. Sono le otto del mattino, e mi fermo ad un bar per fare colazione. Stamattina da signore: cornetto e cappuccino.

Riparto e prendo una lunga e ripida strada in ghiaia in salita. Direzione, Campo Imperatore.

Ma sbaglio qualcosa: sono finito nel campo di qualcuno! La strada che dovrei percorrere passa 10 metri più in alto, parallelamente a questo campo. Con fatica, spingo la bici fino a riguadagnare la strada.

Purtroppo devo incominciare a lesinare sulle foto: i miei due powerbank sono esauriti, ed il mio (vetusto) cellulare non tiene la carica molto a lungo.

Però, la strada che porta a Campo Imperatore è un susseguirsi di meraviglie che sarebbe un peccato non immortalare…

Intravedo il Corno Grande! Casa mia è proprio lì dietro…

Se intravedo il Corno, vuol dire che sto per arrivare nel luogo principe del giro…

…alla Piana di Campo Imperatore!

Scendo giù per la piana, e seguendo un accenno di traccia lungo il prato…

…arrivo al Rifugio Racollo, dove mi fermo per una birra e un panino. Faccio anche rifornimento di un paio di litri d’acqua, dato che adesso mi toccherà fare un altro tratto di 30km senza l’ombra di una fonte.

Al posto del panino, mi sarebbe piaciuto fare un pranzo a base di arrosticini al leggendario Ristoro Mucciante, che è poco più avanti… ma la tappa di oggi sarà lunghissima: non sarebbe una buona idea fermarsi troppo a lungo e con questa ressa di turisti le attese bibliche sono assicurate.

Riprendo la bici, e via in direzione EST per un altro luogo simbolo di questo MAGS: il Canyon dello Scoppaturo!

Dal Canyon, dopo uno stretto e tecnico sentierino in salita ed una discesa attraverso i prati, arrivo al Ristoro Mucciante. Da lì, seguo la strada asfaltata verso Castel del Monte, finché non devio sulla sinistra per proseguire lungo una carrareccia nel bosco.

Ed è così che scopro la Vallestrina, un posto stupendo. Non faccio foto: devo risparmiare la batteria del telefono, poiché in caso di emergenza ho solo quello.

Dopo una bella salita, ed un bel single-track nel bosco, arrivo alla suggestiva Piana del Voltigno, ennesimo posto che scopro solo grazie al MAGS.

Al ristoro del Voltigno, strapieno di turisti, ne approfitto per prendere una coca cola. Riparto, e su comoda forestale all’ombra dei faggi attraverso il Voltignolo.

Finché non inizia la discesa. È tempo di valicare di nuovo il Gran Sasso, stavolta dalla sua estremità Orientale!

Qui succede una cosa assai particolare: non appena passo dall’altro versante, quello col Mare Adriatico per intenderci, vengo improvvisamente accolto da un bella vampata d’afa. Bentornato caldo!

La discesa su forestale è infinita. Non ho la minima idea di dove mi trovo, non sono mai stato in questi posti. Ad un certo punto, arrivo ad un gruppo di casette e c’è un cartello:

“Contrada Santa Maria, Comune di Villa Celiera”

Come Villa Celiera! Sono in provincia di Pescara? Quando ci sono arrivato?

Insomma, l’ultimo posto conosciuto era Mucciante, regno degli arrosticini, ed il primo posto conosciuto dopo Mucciante (seguendo il MAGS) è Villa Celiera, impero degli arrosticini. Che gli organizzatori stiano cercando di dirmi qualcosa?

Purtroppo devo ignorare tali messaggi così evidenti, confesso a malincuore, e proseguo per la mia traccia. Imbocco un piccolo sentierino, all’inizio un po’ chiuso dalle erbacce (sono già lontani i ricordi della sentieristica perfetta di Campo Imperatore!) ma che poi fortunatamente migliora.

Dopo un single-track infinito, in cui rimpiango per l’ennesima volta di non avere la bici scarica ed il reggisella telescopico, arrivo … ehm … qua:

Sì, devo scendere di lì. Come vorrei una bici scarica adesso!

Mi rassegno e scendo a piedi. Non senza aver prima fotografato un cartello, il quale giustamente non mi dice dove mi trovo, ma invece rende gloria a quello che evidentemente è il signore di queste (ignote) terre:

Proprio lui.

Scese le scalette, sulla mia destra, a due passi, c’è la Cascata del Vitello d’Oro…

…ma non me ne accorgo, svolto a sinistra seguendo un canale e lascio il tutto così, venendo meno all’ossequio dovuto al geotritone.

Scendo su asfalto verso Farindola, lungo una gola con una bella falesia di roccia dove vedo un gruppetto di scalatori arrampicare.

Alle 4 del pomeriggio, finalmente, Farindola.

La discesa è finita, ed ora mi toccherà pedalare.

Da Farindola, a 530m s.l.m., prendo la strada asfaltata che sale verso Rigopiano, fino a circa 900m s.l.m. Ogni tanto mi fermo a controllare la pressione delle gomme, ma niente sono gonfie: il mezzo non ha nulla che non va, sono le mie gambe che girano poco!

Prendo una strada su ghiaia che, fortunatamente in discesa, mi porta a Colle Mesole, e poi su asfalto fino al fosso sotto ad Arsita.

Ma ancora non sono ad Arsita. Infatti, per arrivarci, gli organizzatori del MAGS hanno pensato bene di farmi risalire lungo una strada ripidissima che la testa suggerirebbe di fare a piedi. Io la percorro ostinatamente in sella, ed arrivato in cima mi dà il benvenuto un signore complimentandosi di cotanta impresa da scalatore:

“Tu si’ nu matt!”

Mi fermo ad un bar di un ragazzo, dove ordino dapprima una birra, poi una coca cola ed un gelato, ed infine una granita al limone.

Riparto e mi fermo al supermercato, per qualcosa da mangiare lungo il viaggio e delle batterie di scorta per il frontalino: sono le sei del pomeriggio, pedalo da quasi 14 ore, e mancano ancora 40km alla conclusione del MAGS.

Appena uscito da Arsita, prendo un sentiero che inizia con dei rovi, e che finisce in una bella pozza di melma. La mia bici è bella infangata, quindi perfetta per instagram una volta terminata “l’impresa”.

Incomincio a scendere in una valle dove non c’è nulla. La discesa è bella ripida, ed il fondo è sabbioso. Un terreno davvero particolare, perfetto per le mie ruote FAT.

Raggiunta la valle, sono circondato dal niente. Ogni tanto incontro qualche sparuta casa dove, immancabilmente, c’è un qualche cane a cui non devo essere molto simpatico.

Confesso che inizio a preoccuparmi: se la parte rimanente del MAGS è così, non sono così sicuro sia una buona idea farla, da solo, di notte.

Proprio mentre penso “ma davvero questa strada va da qualche parte?”, vedo un altro pazzo avventuriero venirmi incontro: è Maurizio! Gli organizzatori del MAGS sono venuti a salvarmi.

Insieme a Maurizio ed un suo amico (di cui ho dimenticato il nome, perdonami!) usciamo da questa valle e ci ritroviamo, con mia sorpresa, a Castiglione Messer Raimondo.

Foto con Maurizio, e con la sua bici edizione speciale “MAGS”
Chiesa di San Donato Martire (Foto di Maurizio)
Non sembra, ma era ripido! (Foto di Maurizio)

Tra chiacchiere e risate, Castiglione, Castilenti, e Villa San Romualdo scorrono via in un baleno.

A notte inoltrata arriviamo alle due famigerate frazioni, una l’ultima nella provincia di Teramo, l’altra l’ultima nella provincia di Pescara, i cui nomi sono studiati in modo da invogliare il viandante a proseguire e mettere piede nella provincia confinante.

Colle della Morte, ultima frazione della Provincia di Teramo
Colle d’Odio, ultima frazione della Provincia di Pescara

Ormai siamo arrivati agli sgoccioli. Dopo alcuni sali-scendi, ed una piccola deviazione fuori traccia per visitare il centro di Città Sant’Angelo, arriviamo al punto da cui tutto è cominciato, e alla fine di questa “avventura”.

È arrivato il momento della foto: la bici è pronta dopo il bagno nella pozza di fango ad Arsita.

Fine.

P.S. 1: Se siete arrivati fin qui, beh complimenti! Avete completato un “MAGS virtuale”.


P.S. 2: Vi ricordate dell’orsetto? C’era veramente!

Agosto 2020 – MAGS (Parte Seconda)

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Secondo Giorno

Seguo un traverso che conosco molto bene e che mi porta a Cusciano. Il lavatoio del paese mi avrebbe fatto molto comodo per lavare i panni…

Sono molto fortunato, e l’alba mi saluta proprio nell’ultimo punto da cui avrei potuto godere della vista della Vallata del Vomano.

Percorro la discesetta che mi porterà al “Porcellino”. Sono molti anni che non passo di qui, e sono scettico sulle condizioni. Devo parzialmente ricredermi: a parte qualche erbaccia nel tratto iniziale (che ho fatto a piedi) ed un punto franato alla fine (che ho fatto a piedi), riesco ad arrivare senza particolari intoppi a valle, sulla Statale 80, detta anche la “Strada Maestra” del parco.

Adesso mi aspettano una trentina di chilometri di comodo asfalto, in una fresca e scenografica gola dove scorre il fiume Vomano.

Pedalo pian pianino, cercando di interpretare i segnali che vengono dal mio corpo. In particolare mi interessa capire se ho risolto il problema con la sella. Dopo i primi 25km di tappa, decido che è ora di fare colazione e mi fermo all’alimentare di Aprati, dove mi faccio fare due panini con bresaola e formaggio. Uno lo mangio subito. Caffè, bisogni, e si riparte.

Arrivo allo sbarramento di Provvidenza, dove lascio la Statale 80 per entrare nella Valle del Chiarino.

Qui si sale su comoda forestale fino a poco prima del rifugio Fioretti. Alla fonte del campeggio poco prima del rifugio, riempio tutte le mie riserve idriche: la prossima fontana la rivedrò tra trenta chilometri e dall’altro lato del Gran Sasso, ad Assergi…

Ne approfitto per mangiare anche il secondo panino, e per scattare qualche foto.

Devio sulla destra per un lungo traverso nel bosco.

Ad un certo punto, mi accorgo di non avere più il cellulare! Torno indietro per qualche centinaio di metri, e fortunatamente lo ritrovo sul sentiero. Rischio scampato.

Uscendo dal bosco, in un prato, incontro un signore che mi chiede, a parte se la bici sia elettrica, dove vado. Non avendo studiato per bene la traccia, rispondo “al Rifugio Panepucci”. Lui mi dice che andare al Panepucci con la bici così carica è difficile, e che se davvero devo andare lì di non seguire i segnavia CAI (infatti non dovrò seguirli).

Poi incomincia una strana conversazione…

Lui: “Ieri ero anche io in mountain bike, e lo vedi quel prato lì? Lì ieri c’era un orso. Stava mangiando un cavallo morto ucciso dai lupi.”

Io: “Ha incontrato un orso?”

Lui: “No, no. C’era la forestale che è arrivata a tenere d’occhio l’orso mentre mangiava”

Io: “Quindi l’orsetto dalla Marsica è arrivato anche qui nella Laga”

Lui: “Macché orsetto, è un maschio adulto da XXX chili”

Io: “Ok…”

Ci salutiamo, e mi addentro di nuovo nel bosco. In effetti non dovrò andare al Panepucci, ma continuare il traverso fino ai piedi del Monte San Franco, per poi svalicare.

Ad un certo punto, praticamente nel tratto più chiuso del bosco, sento un verso abbastanza inquietante che pare essere di un animale molto grande.




Faccio un po’ di rumore, ma non sento più nulla. Con la mente che pensa all’orso (maledetto signore!), un po’ guardingo (ed un po’ a spinta) vado avanti… finché non arrivo in un prato ai piedi del San Franco, dove ho una vista magnifica sul Lago di Campotosto.

Ormai ci sono, e valico il Gran Sasso dalla sua estremità Occidentale. Finalmente, la Valle del Vasto!

Sono le tre del pomeriggio, e non ho ancora problemi con la sella. Le modifiche apportate al mattino si sono rivelate azzeccate.

La Valle del Vasto è il primo tratto di vera discesa di questo MAGS, dopo 140km e non so quanti mila-metri di dislivello alle spalle. Un po’ per recuperare qualcosa sulla tabellina di marcia, un po’ scaricare i nervi, mi lancio a capofitto, e la attraverso “a tutta”.

In poco più di un’ora sono già ad Assergi, dove incomincia una leggera pioggerellina. Il tempo di riorganizzare le mie cose perché non si bagnino, che subito smette. Anche il meteo mi prende in giro!

Incomincio a ragionare su dove potrei fermarmi per la notte. Mentre sono a Fonte Cerreto, telefono ad un po’ di hotel e campeggi, ma nulla. Nessuno risponde, qui a ferragosto è strapieno di turisti.

Decido di proseguire fino a Santo Stefano di Sessanio, anche se non sono sicuro di quanta strada dovrò fare per arrivarci e quindi se sia fattibile arrivare prima che faccia buio. Ricordo che all’ingresso di Santo Stefano c’era un camping, magari riuscirò a piazzare la tenda in un posto un attimo attrezzato anziché allo sbaraglio come la sera precedente (ah, bello sognare!).

Il mio è un rischio calcolato: conosco una traccia che va a Santo Stefano, e suppongo che il MAGS ripercorra la stessa…

…ma invece no, il MAGS mi farà fare un’altra strada….

…che si rivela essere il tratto più S-P-E-T-T-A-C-O-L-A-R-E dell’intero giro.

Arrivo a Santo Stefano di Sessanio verso le sette di sera. Sono passati 190Km dalla partenza del MAGS, e quasi 5000 metri di dislivello.

Il campeggio lo trovo chiuso, ma trovo anche decine di camper e qualche tenda che sostano in un piazzale. Metto la mia affianco ad altri ragazzi, e raggiungo a piedi il paese per prendere un po’ d’acqua.

Tornato alla tenda, organizzo le mie cose. Quindi trovo una pianta e, lì dietro, mi faccio un’altra doccia a base di borracce. Deodorante, vestiti nuovi, e vado in paese. Stasera niente bucato, vada come vada domani ho intenzione di proseguire fino all’arrivo, anche dovessi pedalare qualche ora col buio.

Dopo aver pedalato per tutto il giorno, con l’energia dei due panini comprati ad Aprati e dei maritozzi di Bisenti, cerco un posto dove mangiare qualcosa di sostanzioso. Giro 5 ristoranti diversi, ma sono tutti pieni e non hanno posto neppure per una persona.

Esco un po’ dal centro e, guidato da OpenstreetMap, arrivo ad un ristorante: “Residence Il Palazzo”.

Io: “Avete posto?”
Vecchietto: “Solo se non ha fretta”
Io: “Ok”

Sono già le nove e mezza di sera, sarebbe anche ora che andassi a dormire, ma mi rassegno a dover aspettare. Il posto è anche più pieno degli altri ristoranti…

Mi guardo intorno e mi rendo conto che questa è già la terza volta che mangio qui. Le altre due volte che sono stato a Santo Stefano, nessuna delle due in alta stagione, questo posto era l’unico aperto.

Neanche passa un quarto d’ora, che arriva la mia cena a base di lenticchie, vino, e grigliata. Il vecchietto mi ha imbrogliato!

Mangio, soddisfatto, e riesco a lasciare il ristorante per le dieci e un quarto. Non senza aver avuto un altro scambio di battute col vecchietto:

Io: “Mi aveva detto che ci sarebbe stato da aspettare”
Vecchietto: “Se non l’avessi detto, lei avrebbe incominciato a chiedere quando arrivava la sua cena”
Io: “Dipende da chi incontra”
Vecchietto: “Quello è sicuro”

Seconda notte in tenda, satollo, pulito, e senza animali molesti intorno. Dormo soddisfatto per 5 ore, fino alle 4 del mattino.

Terzo Giorno

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Agosto 2020 – MAGS (Parte Prima)

Da dove cominciare…

Non ho mai fatto passare così tanto tempo prima di scrivere la storiella di un giretto, ma questa volta ho dovuto fare un’eccezione: al mio rientro, dopo appena tre giorni lontano da internet, la mia casella di posta elettronica esplodeva di lavoro arretrato.

Inizio a scriverla ora, dopo tre settimane, rinvigorito da una “Franziskaner Weissbier” comprata alla Despar in quel di Bolzano, e ormai lontano nel tempo e nello spazio dalla terra natìa (l’Abruzzo).

La storia inizia una sera ai primi di Luglio, quando ricevo una telefonata inaspettata da un numero sconosciuto.

Rispondo a quella chiamata alquanto scocciato, pensando si tratti del solito operatore Sky che cerca di vendermi una qualche offerta (quante volte dovrò ripetere che non ho un televisore?). Dall’altra parte del telefono, invece, c’era Maurizio, uno degli organizzatori del “MAGS”.

Ma cos’è questo “MAGS”? Il MAGS, “Mare Adriatico – Gran Sasso” è un trail, ossia un’avventura in solitaria (se lo si vuole) che, dal Mare Adriatico al Gran Sasso (per l’appunto), attraversa tutta una serie di luoghi stupendi lungo strade secondarie, carrarecce, e sentieri. Tutto questo giretto ammonta a un totale di circa 330km per 8300 metri di dislivello, che potrebbero sembrare pochi, ma che in realtà sono abbastanza problematici per una serie di aspetti legati al territorio.

Maurizio mi dice che il MAGS, che era stato annullato per via della pandemia, si farà in modalità “unsupported”, ossia senza la partenza collettiva (ognuno per sè). Che, guarda caso, era proprio la modalità a cui mi ero iscritto!

Maurizio mi chiede se va bene partire o se voglio annullare, ma io di annullare non ci penso nemmeno e accetto di corsa!

Agganciato il telefono, però, incomincio a fare i conti con la realtà…

Sono abbastanza fuori allenamento, e ormai avevo rinunciato completamente alla prospettiva di poter partecipare al MAGS. Il lockdown, complice un periodo di “smart working” particolarmente intenso, mi ha lasciato un’eredità di 5kg in più sulla bilancia…

È passato appena un mese dal mio primo giro post-lockdown: 3km, 300 metri di dislivello, e 10 ore di sonno per riprendermi dal trauma!

Insomma, dopo la telefonata di Maurizio mi son messo in testa di riottenere una “parvenza” di forma in poco più di un mese. Incastrando i vari impegni quotidiani, ho cercato di fare uscite brevi (circa un’ora) quasi tutti i giorni, e nella settimana prima del MAGS ho inanellato i miei due giri più lunghi dell’anno, che mi hanno tenuto in sella per più di 8 ore ciascuno.

Da Gennaio, quindi in sette mesi, non avevo percorso neanche 900km in totale. Mi sentivo comunque pronto a percorrerne 330 in tre giorni.

Tornato in Abruzzo, ho avuto solo un paio di giorni utili per preparare tutto il necessario. Ho già partecipato a un trail in passato, per l’esattezza il South Tyrol Trail (STT) nel 2017. Eppure, la preparazione del materiale per questo giro è stata completamente diversa rispetto a quella volta.

Prima di tutto, il mezzo: all’epoca usai “La Regina delle Corse”, una gloriosa Atala Flyer anni ’90 che ancora adesso macina chilometri ogni giorno, sempre fiera, per portare la mia ragazza al lavoro.

Questa volta userò “Cicciosprint”, una FAT bike in carbonio che è un mezzo nettamente più idoneo per questo tipo di avventure.

Poi, c’è il capitolo equipaggiamento.

Innanzitutto, l’acqua nel STT non è mai venuta a mancare, mentre nel MAGS sono presenti diversi tratti anche lunghi senza l’ombra di una fonte, di un bar, o addirittura di una qualche anima che non sia quella di un cane che ce l’ha a morte con i ciclisti. Quindi, ho avuto bisogno di più spazio di quello consentitomi dal solo zainetto sulle spalle (sì, nel STT sono partito armato di un solo zainetto da 14 litri e ciò fu, grazie a tanta ma tanta fortuna dal punto di vista meteo, “sufficiente”).

Perciò, mi sono comprato una borsa sotto-sella (impermeabile), così da avere altri 20 litri di spazio dove poter aggiungere la roba che mi servirà.

E di roba ne porterò dietro tanta, forse troppa.

A parte le bottiglie di plastica per fare rifornimento d’acqua, mi porto dietro:

  • La tenda. Questa non l’avevo nel STT, ma in Abruzzo non ho il coraggio di bivaccare dove capita (troppi animali selvatici/randagi in giro, dentro una tenda mi sento molto più tranquillo);
  • Notte: Materassino, cuscino, lenzuolo, e sacco a pelo;
  • Bucato: Sapone di Marsiglia;
  • Igiene personale: Occorrente per l’igiene personale, ossia doccia-schiuma, spazzolino, dentifricio, deodorante (ne servirà molto), mini panno in microfibra;
  • Riparazioni: Multitool con smaglia-catena (al STT ho dovuto smagliare la catena 5 volte!), toppe, camera d’aria di scorta (da FAT bike, quindi un canotto sgonfiato), e una pompa;
  • Vestiario: Una copia del mio abbigliamento come scorta (t-shirt, pantaloncini, e intimo), due maglie a maniche lunghe, una mantellina in nylon, una giacca e pantaloni antipioggia, uno scaldacollo, guanti;
  • Emergenza: sacco da bivacco e telo d’emergenza.
  • Elettronica: Cellulare, Garmin, due powerbank da 5000mA, svariati cavetti, lampada frontale e lampadina rossa posteriore.
  • Acqua: Oltre alla borraccia da 750ml, due bottigliette da 500ml.
  • Altro: Crema solare, costume da bagno, occhialini, spray anti-aggressione (per malaugurati incontri con cani particolarmente aggressivi).
  • Orchidea

Il Garmin, per la navigazione gps, sono riuscito a procurarmelo solo la sera prima della partenza, consigliato da un mio amico. Non me la sono sentita di affidare la navigazione al solo cellulare, dato che ormai è vecchiotto (uno Huawei del 2014). Inoltre, avere due dispositivi in grado di eseguire la navigazione, anziché uno, mi permette di seguire la traccia anche in caso di guasto di uno dei due.

Incomincio a configurare il Garmin, e provo a caricare la traccia del MAGS (che non ho ancora trovato il tempo di studiare)…

…attimi di panico, il Garmin non riesce a caricare la traccia!

Cerco di capire il problema, e mi accorgo che ci sono diversi tratti del gpx con segmenti “dritti”, come se mancassero dei dati. Fortunatamente, Maurizio e Moreno mi aiutano a risolvere il problema.

Ecco il giro che andrò a fare!

Bene, sono pronto… anzi no! Devo ancora finire di preparare la bici, inoltre è notte e i supermercati sono ormai chiusi… mi toccherà partire con sole tre barrette.

Arrivo a Città Sant’Angelo verso le otto e mezza del mattino. Dato che devo incontrarmi con gli organizzatori prima della partenza, non sono voluto partire troppo presto costringendo i poveretti ad una levataccia…

D’accordo, in realtà ero io a non voler fare una levataccia… e visto che ho finito di preparare tutto che era ormai mezzanotte, non penso di aver fatto male.

Alla partenza, Moreno e Giancarlo mi dotano di un dispositivo bellissimo direttamente dal futuro cyberpunk: un “tracker”, che dà la mia posizione in tempo reale a chiunque abbia il link per poterlo seguire (link che prontamente ho spammato su Whatsapp e Facebook per fare un po’ il gradasso).

Alcune foto (di Moreno) di rito…

Inaspettatamente, arriva anche Daniele (un altro organizzatore) col suo completo da cavaliere oscuro, che mi accompagnerà per alcuni (diventeranno un bel po’ di) chilometri.

E via! Si parte!



Anzi no! Attimi di panico: come si imposta la navigazione di un gpx sul Garmin? Incomincio a smanettare con la diavoleria elettronica, le mie dita si destreggiano con agilità e sicure, dando sfoggio di due lauree e un dottorato in informatica…

Nel mondo dei sogni. Come un coglione qualunque, premo tasti a caso finché riesco finalmente ad impostare la navigazione, solo dopo aver provato esaustivamente tutti i menù del Garmin.

E via! Si parte! (x2)

Il giro inizia in tranquillità, sulla ciclabile del lungomare…

… e all’ombra della pineta.

Pedalo tranquillo, godendomi il fresco della pineta. Questo MAGS mi piace proprio!

Ma presto, maledettamente presto, abbandoniamo la mia amata pineta, e incominciamo a inerpicarci per una rovente salita su ghiaia sotto il sole cocente. È già arrivato il momento in cui la maglietta lascia il posto alla crema solare.

Il panorama alle nostre spalle è comunque di tutto rispetto.

Salita che ci porterà a Mutignano, primo piccolo gran premio della montagna.

Scendendo da Mutignano, incominciamo già a vedere i primi calanchi…

… e poi di nuovo in salita, verso l’Atri degli Acquaviva…

… e, soprattutto, dell’Oasi dei Calanchi.

Il Gran Sasso incomincia ad avvicinarsi!

Foto scattata da Daniele

Ma è ancora presto, ce n’è di strada da fare! Infatti, perdiamo tutto il dislivello faticosamente guadagnato buttandoci vertiginosamente in una caldissima Valle del Piomba.

Percorriamo un sentiero su ghiaia che costeggia il torrente Piomba, tra canneti e zanzare, finché non torniamo sulla Statale 81. Dopo un breve tratto di statale, incominciamo una salita abbastanza impegnativa verso Bisenti. Il sole non aiuta, e Daniele (che viaggia bello scarico) comincia a mostrare di avere un passo decisamente superiore al mio.

Per riprendere un po’ il fiato, mi invento la scusa che devo scattare un po’ di foto. Il Gran Sasso si fa sempre più maestoso.



Dopo una bella sfacchinata, e qualche su e giù nel comune di Montefino (l’unico comune della provincia di Teramo in cui ancora non ho mai messo piede), finalmente, verso l’una del pomeriggio, arriviamo a Bisenti.

Lì troviamo un bar aperto, e Daniele mi offre il pranzo: una birra, due maritozzi (che metterò nello zaino), due pizze e un gelato. Non sono economico, io.

Saluto Daniele, che mi ha accompagnato per ben 50km di “defaticamento” dopo il suo giro mattutino di 100km, e continuo il mio viaggio sotto il solito sole rovente. Mi aspetta una dura salita che mi porterà a Befaro, noto anche come Santa Maria della Neve, minuscolo “paese” di collegamento tra la Vallata del Fino e il comune di Castelli.

Capisco di essere arrivato quando vedo questa casa vittima dei calanchi (di cui ho anche conosciuto gli eredi).



Il cartello mi toglie ogni dubbio.



Sono arrivato a Befaro, e sono già le tre del pomeriggio. Davanti a me ci sono ancora 400 metri di dislivello fino al Rifugio Faiani (900m s.l.m.), dove si trova la fine di questa salita incominciata a Bisenti.

Il Gran Sasso è ormai alle porte, e presto le campagne verranno sostituite da bei boschi di faggi.

Ma io ho dei problemi. Sono molto stanco, ho i piedi a fuoco (partire con le Five Ten chiuse forse non si sta rivelando una scelta vincente), e ho problemi con la sella… ho lo stimolo continuo di dover fare pipì.

I 900 metri del Rifugio Faiani mi danno un po’ di fresco in più, e mi lancio in discesa verso i boschi sopra Castelli. Ci sono svariati sali-scendi, e diciamo che non sempre i sentieri sono nelle condizioni in cui vorrei trovarli…

Alcune discese sono davvero toste da fare con la sella alta e la bici a pieno carico, ed in alcune salite tocca spingere.

Ma dopo tanto penare…

…finalmente…

Il Corno Grande!

La montagna di casa.

Arriva anche un ruscelletto, il primo dopo tanti chilometri. Ne approfitto per togliermi le scarpe, e buttarci i piedi dentro, cercando di riportarli in temperatura.

Riparto e arrivo, scendendo da una ripida scaletta in legno, a Isola del Gran Sasso. Da lì, su asfalto, arrivo a Ornano Grande, dove mi fermo all’hotel di un amico a rinfrescarmi e cenare. Sono passati 86km, e circa 2400 metri di dislivello.

Cerco di capire dove poter dormire. Non sono in buone condizioni, ed avrei proprio bisogno di una doccia. Ormai sono dalle mie parti, ma nonostante ciò non mi viene in mente alcun punto dove vi sia un fiume o un torrente dove potermi rinfrescare.

Quindi mi arrangio. Decido di arrivare in un paesino, Aquilano, e di piazzare la tenda in un punto dove spero di non venir molestato da cani randagi o cinghiali (purtroppo la zona è piena di entrambi).

Faccio avanti e indietro alla fonte del paese, rifornendomi d’acqua, e improvviso una doccia a base di borracce. Dopo essermi rinfrescato e cambiato d’abito, faccio il bucato alla fonte e mi metto a dormire.

Mi sveglio verso le tre e mezza di notte, all’ennesimo fruscìo proveniente dal fosso, provocato da chissà quale animale. Decido che è meglio rimettersi in cammino, con quattro ore di sonno alle spalle. Esco dalla tenda, e la bici mi attende con una ruota a terra.

Smonto la tenda, sgonfio il materassino, re-infilo tutto nelle sacche di compressione… metto su i faretti, e via!

Secondo Giorno.

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2019 – Giugno: Rifugio Tschafon

A pasquetta sono rimasto incantato dal panorama che si poteva ammirare dal Rifugio Tschafon, rifugio adagiato in un prato in cima al monte Cavone, sopra la cittadina di Tires. Mi ha colpito anche la ripidissima stradina utilizzata dai mezzi di servizio al rifugio. Non c’era nessun escursionista a salire per quella via battuta dal sole, ma tutti erano sul ben più dolce (e panoramico) sentiero che si snoda a lato di essa.

In cima vi erano diverse e-bike, e così mi è venuto il pallino di creare un giro che passasse di lì.

Ho il sabato libero, e propongo a Gianluca di andare a fare un giro stile enduro per affinare la tecnica in discesa. Purtroppo Gianluca ha impegni di lavoro, e quindi ripiego per un’escursione in puro stile All Mountain. Mappa alla mano, incomincio a tracciare una via che, partendo da Bolzano, si inerpica verso il rifugio Tschafon passando da Tires. Ovviamente inserisco la diabolica salita che tanto mi aveva colpito.

Il responso di Google Earth è impietoso: un chilometro attorno al 25%, fino a punte del 35%. La parte in discesa, inoltre, è un po’ un’incognita… cerco di unire sentieri in maniera tale da evitare il bitume, ma non sempre ciò è possibile. Le curve di livello mi mettono in apprensione per gli ultimi 500 metri di giro, in cui la traccia “precipita” da Aica di Sopra giù nella valle dell’Isarco, sfiorando pendenze di oltre il 50%… Penso che ci sia qualche errore con la mappa, ma in ogni caso mi preparo un piano di riserva.

Propongo questo giretto su un gruppo Whatsapp creato da Gianluca, e mi risponde Gianfranco che si unisce all’avventura con la sua ebike.

L’indomani mattina partiamo da Bolzano ed incominciamo a salire verso Tires, lungo la vecchia strada che si snoda lungo la Thierser Tal. Di tanto in tanto ci guardiamo attorno alla ricerca di sentieri che vadano da qualche parte, ma purtroppo tutti paiono essere delle semplici vie d’accesso a dei capanni privati.

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Un po’ rammaricati continuiamo a salire lungo questo grande serpentone nero in mezzo al nulla, finchè non raggiungiamo la strada principale e Tires.

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La salita da Tires verso il sentiero 4B incomincia a svelarci i primi contorni del maestoso Rosengarten.

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Il sentiero 4B si  rivela essere un vero e proprio parco giochi in cui divertirsi tra rocce e radici in salita. Ci sono anche un paio di passaggi che sono decisamente trialistici.

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Il sentiero diventa via via una più comoda, anche se meno divertente, strada forestale. Gettonata meta di svago delle mucche locali.

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Dopo circa 2 ore e mille metri di dislivello arriviamo all’incrocio con la WeissLahn, l’ultima (e terribile) asperità prima del rifugio Tschafon…

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Qui si trova un suggestivo laghetto con una splendida vista sulle dolomiti…

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Alcune mucche sembrano apprezzare particolarmente…

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Da questo paesaggio bucolico parte la salita infernale verso il rifugio. Metto la mia fida “Disonorevole”, magnifica corona da 22 denti bandita dai bikers moderni perchè immorale, ed incomincio a scalare questo fatidico ultimo chilometro e quasi 300 metri di dislivello per arrivare al rifugio.

Nonostante faccia di tutto per recuperare energie, intervallando ad ogni colpo di pedale una buona frazione di secondo in cui sono completamente immobile ed in surplace (quindi, in sostanza barando in maniera ancor più disonorevole), nel tratto più duro devo comunque mettere il piede a terra per rifiatare un attimo… sono andato fuori giri. Il problema principale è dato, incredibilmente, dalle braccia: la bici è talmente impennata che devo scaricare tutto il peso in avanti per non ribaltarmi. Qualche flessione in più a casa avrebbe sicuramente aiutato….

Dopo qualche attimo di sosta, riparto.

In più di un’occasione rischio di perdere l’equilibrio e di dovermi fermare, sto comunque salendo ad un’andatura particolarmente lenta e l’equilibrio è molto precario. La sfida, in verità un po’ inutile, rimane comunque quella di arrivare al rifugio “in sella” e voglio farcela.

Dopo 29 minuti interminabili sotto il sole a picco, Gianfranco immortala la maestosità  di  Rosengarten, ed il mesto me che riesce a vincere questa piccola sfida contro l’inclinazione positiva.

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La struttura del rifugio è molto suggestiva, e la vista che si può godere dai tavoli è sul Rosengarten, la quale non è di certo una montagna qualunque.

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Una foto la merita anche il ferro (in tutti i sensi) con cui è stata conquistata la vetta, con la catena ben salda sui denti della Disonorevole.

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Immancabile, la foto con le nostre meritate bionde.

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Dopo un lauto pasto ed una lauta ricarica, incominciamo la discesa verso Aica di Sopra. Purtroppo, però, scopriamo ben presto che tutto quel versante di montagna è stato devastato dalle tempeste di vento di pochi mesi fa.

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Il sentiero è ostruito, ma con un po’ di portaggio riusciamo comunque a passare la parte più malmessa e persino a fare qualche passaggio in sella.

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Solo più a valle scopriremo che, in  realtà, il sentiero è chiuso (inspiegabilmente il cartello di divieto era a valle ma non a monte).

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Da qui in poi è tutto un susseguirsi di pascoli e cancelli, cancelli e pascoli… e comode carrarecce a collegare il tutto..

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Purtroppo prendo una buca un po’ troppo profonda… e mi tocca proseguire con un raggio in meno..

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L’ultima parte del giro, quella con la parte “dubbia” sulla mappa, si rivela in realtà essere meno complicata di quanto temessi. Sebbene ci sia infatti una linea verticale sostanzialmente impercorribile, essa è affiancata da un sentierino a zig-zag che, seppur molto sporco, ci permette di concludere il giro senza particolari intoppi.

Link Relive, con traccia GPS: https://www.relive.cc/view/2433326307